Giuramento Fraterno . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Giuramento Fraterno - Морган Райс страница 8

СКАЧАТЬ ucciderlo!” gli ordinò.

      Merek lo guardò accigliato.

      “Gli uomini morti non parlano,” disse Merek. “Se lo lascio andare moriremo tutti.”

      “Non mi interessa,” rispose Ario. “Non ti ha fatto nulla. Non devi ucciderlo.”

      Merek, sprezzante, si alzò in piedi e si portò di fronte ad Ario, fissandolo in volto.

      “Sei la metà di me, ragazzino,” gli sibilò contro. “E il ho il pugnale dalla parte del manico. Non tentarmi.”

      “Sarò anche la metà di te,” rispose Ario con calma, “ma sono doppiamente veloce. Vienimi vicino e ti strapperò il pugnale dalle mani e ti taglierò la gola prima che tu te ne possa rendere conto.”

      Godfrey era stupito da quello scambio di battute, tanto più vedendo quanto calmo fosse Ario. Era una situazione surreale. Non batté ciglio né mosse un muscolo: parlava come se stesse avendo al conversazione più calma al mondo. Questo rendeva le sue parole ancora più convincenti.

      Probabilmente Merek la pensò allo stesso modo perché non si mosse. Godfrey capì che doveva separarli, e presto.

      “Il nemico non è qui,” disse correndo avanti e abbassando il polso di Merek. “È là fuori. Se litighiamo fra di noi non abbiamo alcuna possibilità.”

      Fortunatamente Merek gli premise di abbassargli il braccio e rinfoderò il pugnale.

      “Svelti ora,” aggiunse Godfrey. “Tutti voi. Togliete loro i vestiti e infilateveli. Ora siamo Finiani.”

      Tutti tolsero gli abiti ai Finiani e indossarono i loro mantelli e cappucci rosso brillante.

      “È ridicolo,” disse Akorth.

      Godfrey lo esaminò e vide che aveva la pancia troppo grossa ed era troppo alto. Il mantello gli stava corto e gli lasciava le caviglie scoperte.

      Merek ridacchiò.

      “Avresti dovuto bere un boccale di meno,” gli disse.

      “Io questa cosa non me la metto,” disse Akorth.

      “Non si tratta di una sfilata di moda,” ribatté Godfrey. “Vuoi che ti scoprano?”

      Akorth cedette con riluttanza.

      Godfrey rimase a guardare, tutti e cinque con indosso le tuniche rosse, in quella città ostile, circondati dal nemico. Sapeva che le loro possibilità erano ben magre.

      “E adesso?” chiese Akorth.

      Godfrey si voltò e guardò verso l’estremità del vicolo che portava alla città. Sapeva che era giunto il momento.

      “Andiamo a vedere com’è fatta Volusia.”

      CAPITOLO CINQUE

      Thor si trovava a prua nella piccola imbarcazione, Reece, Selese, Elden, Indra, Mati e O’Connor seduti accanto a lui. Nessuno di loro remava: un misterioso vento e la corrente rendevano vano ogni sforzo. Li trasportava dove voleva e Thor si era reso conto che ogni tentativo di remare o muovere le vele non avrebbe sortito alcuna differenza. Thor si guardò alle spalle, guardando l’enorme scogliera nera che demarcava l’ingresso alla Terra dei Morti farsi sempre più lontana. Si sentiva sollevato. Era ora di guardare avanti, di trovare Guwayne, di dare inizio a un nuovo capitolo della sua vita.

      Thor si guardò accanto e notò Selese seduta nella barca accanto a Reece, tenendogli la mano. Doveva ammettere che quell’immagine era sconcertante. Era felice di rivederla tra loro, di nuovo nella terra dei vivi, e felice di vedere il suo migliore amico così contento. Però doveva anche ammettere che gli trasmetteva una sensazione di inquietudine. Selese ora era lì, una volta morta e ora di nuovo in vita. Sembrava che avessero in qualche modo cambiato l’ordine naturale delle cose. Mentre la guardava, notò che aveva delle caratteristiche translucide, eteree: anche se era veramente lì, in carne e ossa, non poteva fare a meno di vederla come morta; non riusciva a fare a meno di chiedersi, nonostante tutto, se fosse veramente tornata tra loro e quanto tempo sarebbe passato prima che se ne tornasse nel regno dei morti.

      Ma Reece, d’altro canto, non la vedeva a quel modo. Era totalmente innamorato di lei, felice per la prima volta dopo tempo immemore. Thor lo capiva: dopotutto chi non avrebbe voluto rettificare i torti, riparare gli errori passati e rivedere qualcuno che si era certi di non incontrare mai più? Reece le stringeva la mano guardandola negli occhi e lei gli carezzava il viso mentre lui la baciava.

      Notò che gli altri apparivano persi, come se fossero stati nelle profondità dell’inferno, un luogo che non si sarebbero facilmente scrollati dalla mente. Le ragnatele pendevano pesanti su di loro e anche Thor le sentiva, come ricordi che gli lampeggiavano in testa. C’era un’aura di tenebra mentre tutti piangevano la perdita di Conven. Soprattutto Thor rivedeva continuamente tra i propri ricordi la scena, pensando e ripensando se avrebbe mai potuto rifare qualcosa per fermarlo. Guardò verso il mare, scrutando il grigio orizzonte, l’oceano sconfinato, chiedendosi come avesse potuto Conven prendere una decisione del genere. Capiva la sua profonda pena per il fratello, ma lui non avrebbe mai fatto una scelta del genere. Thor sentiva una sensazione di dolore per la perdita di Conven, la cui presenza era sempre stata sentita, che era sempre sembrato essere al suo fianco fin dai primi giorni della Legione. Thor ricordò quando gli aveva fatto visita in prigione, quando gli aveva parlato spingendolo verso una seconda possibilità nella sua vita. Ricordava tutti i suoi tentativi di tirargli su il morale, di risvegliarlo, di farlo tornare quello di un tempo.

      Ora si rendeva conto che non importava quanto avesse fatto: niente avrebbe potuto riportare completamente indietro il Conven di un tempo. La miglior parte di Conven era sempre con suo fratello. Thor riportò alla memoria l’espressine di Conven quando era rimato indietro e gli altri se n’erano andati. Non era un’espressione pentita, ma di pura gioia. Thor sentiva che era felice. E sapeva che non poteva avere grandi rimpianti. Conven aveva preso la sua decisione e questo era ben più di quanto la maggior parte della gente otteneva nel mondo. Dopotutto Thor sapeva che si sarebbero incontrati di nuovo. Infatti forse ci sarebbe stato proprio Conven a dargli il benvenuto quando fosse morto. Thor sapeva bene che la morte sarebbe giunta per tutti loro. Forse non oggi o domani. Ma sicuramente un giorno.

      Thor cercò di cacciare i pensieri tristi e guardò avanti sforzandosi di concentrarsi sull’oceano, scrutando le acque da ogni parte, cercando un qualsiasi segno di Guwayne. Sapeva che era piuttosto inutile cercarlo lì, in mare aperto, ma si sentiva in moto, pieno di un nuovo ottimismo. Ora almeno sapeva che Guwayne era vivo e questo era tutto ciò che gli bastava sapere. Non si sarebbe fermato davanti a nulla per ritrovarlo.

      “Dove pensi che la corrente ci stia portando?” chiese O’Connor sporgendosi oltre il bordo della barca e accarezzando l’acqua con la punta delle dita.

      Anche Thor si allungò a toccare l’acqua calda. Scorreva troppo veloce, come se l’oceano non potesse portarli da nessuna parte se non così rapidamente.

      “Fintanto che è lontano da qui, non mi interessa,” disse Elden guardandosi alle spalle, ancora impaurito dalla scogliera.

      Thor udì il verso di un uccello venire dall’alto e sollevò lo sguardo, felice di vedere la vecchia amica Estofele che volava in cerchio sopra le loro teste. Estofele scese verso di loro disegnando un ampio cerchio, poi si risollevò in aria. Thor sentiva che li stava guidando, incoraggiandoli a seguirla.

      “Estofele, amica mia,” sussurrò Thor rivolto verso il cielo. “Facci da occhi. Portaci da Guwayne.”

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