Le avventure di Cipollino / Приключения Чиполлино. Книга для чтения на итальянском языке. Джанни Родари
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Le avventure di Cipollino / Приключения Чиполлино. Книга для чтения на итальянском языке - Джанни Родари страница 3

СКАЧАТЬ il conto dei mattoni.

      Mastro Uvetta prese la lesina per grattarsi la testa, diede una occhiata al mucchio e sentenziò:

      – Sei per sette quarantadue… abbasso il nove… insomma, sono centodiciotto.

      – Basteranno per fare la casa?

      – Io dico di no.

      – E allora?

      – Che vuoi da me? Farai un pollaio.

      – Ma io non ho galline da metterci.

      – Mettici un gatto: i gatti sono utili perché pigliano i topi.

      – E' vero, ma io non ho un gatto, e a pensarci bene mi mancano anche i topi.

      – Non so cosa dirti, – sbuffò Mastro Uvetta, grattandosi furiosamente la testa con la lesina, – centodiciotto sono centodiciotto, è giusto?

      – Se lo dite voi che avete studiato l'aritmetica, sarà certamente così. Il sor Zucchina sospirò, poi sospirò ancora una volta; infine, visto che a sospirare i mattoni non aumentavano di numero, decise di cominciare senz'altro la costruzione.

      – Farò una casa piccola piccola, – pensava lavorando, – non ho mica bisogno di un palazzo, tanto sono piccolo anch'io. E se i mattoni sono pochi, adopererò qualche foglio di carta.

      Il sor Zucchina lavorava adagio adagio, per paura di consumare troppo presto i mattoni. Li metteva uno sull'altro con delicatezza, come se fossero stati di vetro. Li conosceva tanto bene, i suoi mattoni!

      – Ecco, – diceva prendendone uno e accarezzandolo affettuosamente, – questo è il mattone che risparmiai dieci anni fa per Natale. Lo andai a comperare al mercato con il soldi del cappone: il cappone lo mangerò quando sarà finita la casa.

      A ogni mattone tirava un sospiro lungo lungo. Ma quando ebbe consumato tutti i mattoni, gli restavano ancora molti sospiri, e la casa era venuta uguale a una colombaia.

      – Se io fossi un colombo, – pensava il povero Zucchina, – ci starei comodissimo.

      Invece quando fece per entrare, battè un ginocchio sul tetto e minacciò di far crollare tutta la baracca.

      – Invecchiando divento sbadato: devo fare più attenzione[15]. Si inginocchiò davanti alla porta e così carponi e ginocchioni, strisciando e sospirando, entrò nella sua casina. Una volta dentro, ricominciarono i guai: se si alzava faceva crollare il tetto; lungo disteso non si poteva mettere, perché la casa era troppo corta; di traverso non si poteva sdraiare perché la casa era troppo stretta. E i piedi? Bisognava tirare dentro anche i piedi[16], altrimenti in caso di pioggia si sarebbero bagnati.

      – A quel che vedo, – concluse Zucchina, – non mi resta che mettermi seduto.

      E così fece. Si mise seduto e sospirò.

      Se ne stava lì in mezzo alla casetta, sospirando con circospezione, e la sua faccia, nel finestrino, sembrava il ritratto della malinconia.

      – Come vi sentite? – domandò Mastro Uvetta che era uscito sulla porta della bottega a curiosare.

      – Bene, grazie, – rispose gentilmente Zucchina.

      – Non vi va un po' stretta sulle spalle?

      – No, ho preso bene le mie misure.

      Mastro Uvetta si grattò la testa, secondo il solito, e borbottò qualcosa, ma non si potè capire cosa. Intanto, da tutte le parti la gente veniva a vedere la casetta di Zucchina. Venne anche una schiera di monelli e il più piccolo saltò sul tetto della casina, e cominciò a ballare il girotondo:

      Nella casa del sor Zucchina

      la mano destra sta in cucina

      la mano sinistra sta in cantina,

      le gambe in camera da letto

      e la testa esce dal tetto.

      – Per carità, ragazzi, – si raccomandava Zucchina, – fate piano altrimenti[17] mi crolla la casa. E' tanto delicata.

      Per rabbonirli si cavò di tasca tre o quattro bei confetti rossi e verdi che ci stavano chissà da quanti anni e li offerse ai ragazzi: i quali si tuffarono strillando sulla mano e si azzuffarono per spartirsi il bottino.

      Da quel giorno Zucchina, appena gli cresceva in tasca qualche spicciolo, comprava dei confetti e li metteva sul davanzale della finestra per i bambini, come si mettono le briciole per i passeri. Così se li fece amici.

      Qualche volta li lasciava entrare a turno[18] nella casetta e lui stava fuori a guardare che non facessero disastri.

* * *

      Zucchina stava appunto raccontando a Cipollino tutte queste cose, quando una nuvola di polvere si levò in fondo al villaggio e subito si sentì uno sbattere precipitoso di porte e di finestre. Si vide la moglie di Mastro Uvetta abbassare con gran furia la saracinesca. La gente si tappava in casa come se stesse per scoppiare il ciclone. Perfino le galline, i gatti ed i cani si diedero a scappare di qua e di là in cerca di un rifugio.

      Cipollino non fece in tempo a informarsi di quel che stava succedendo: la nuvola di polvere, con un frastuono orribile, aveva già attraversato il villaggio e si fermò proprio davanti alla casetta del sor Zucchina.

      Tra la polvere comparve una carrozza tirata da quattro cavalli, che poi erano piuttosto quattro cetrioli, perché in quel paese, come avrete già capito, erano tutti imparentati con qualche verdura. Dalla carrozza balzò a terra un personaggio imponente, vestito di verde, con una faccia rossa e tondto come un pomodoro troppo maturo che pareva sul punto di scoppiare[19].

      Quel personaggio era difatti il Cavalier Pomodoro, Gran Maggiordomo e Amministratore del Castello delle Contesse del Ciliegio. Cipollino pensò che doveva essere un poco di buono, se tutti scappavano a vederlo arrivare, e ad ogni buon conto si tirò in disparte[20].

      Per intanto però il Cavalier Pomodoro non faceva nulla di terribile. Cosa faceva? Fissava il sor Zucchina, lo fissava e lo fissava, crollando la testa minacciosamente, senza dire una parola.

      Il povero sor Zucchina avrebbe voluto sprofondare, lui e la sua casetta.

      Il sudore gli scendeva a ruscelli dalla fronte e gli entrava in bocca[21], ma lui non aveva nemmeno il coraggio di alzare una mano per asciugarselo e lo mandava giù: era salato ed amaro.

      Il sor Zucchina chiuse gli occhi e pensò: «Ecco, Pomodoro non c'è più. Io e la mia casetta siamo un marinaio e la sua barchetta in mezzo all'Oceano Pacifico, e l'acqua del mare è azzurra e calma e ci culla dolcemente. O come ci culla dolcemente, di qua e di là… di qua e di là…»

      Macché Oceano Pacifico, macché Oceano Atlantico era il Cavalier Pomodoro che, afferrato il cucuzzolo del tetto, lo scrollava di qua e di là con tutta la sua forza, facendone cadere i tegoli.

      Il sor Zucchina riaprì gli occhi, mentre Pomodoro lanciava un ruggito spaventoso, che fece chiudere le finestre del villaggio anche più strette di prima: e chi aveva СКАЧАТЬ



<p>15</p>

надо быть внимательнее

<p>16</p>

нужно было втянуть и ноги

<p>17</p>

осторожнее, иначе (в противном случае)

<p>18</p>

иногда он позволял им войти по очереди

<p>19</p>

казалось, вот-вот лопнет

<p>20</p>

на всякий случай отошел в сторону

<p>21</p>

пот струями стекал у него по лбу и попадал в рот