Название: Racconti Buonisti
Автор: Marco Fogliani
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Зарубежное фэнтези
isbn: 9788873045847
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Alla fine con la moto elettrica me la cavavo bene, e ci fu il tempo per farmi provare anche un motorino normale.
Quando finalmente arrivò Alfonso Cardinale (una faccia nota, protagonista di una serie di spot pubblicitari molto conosciuti su un dentifricio), mi fecero cambiare vestiti e mi diedero una sistemata secondo le esigenze del copione. Per le riprese uscimmo in moto per le strade della città, col casco, Alfonso alla guida ed io seduta dietro a lui; ci seguivano un furgoncino e un'altra moto con la troupe e gli operatori.
"Sorridi e tieniti stretta a lui con fiducia. Pensa che ne sei innamorata", mi raccomandarono prima delle riprese che durarono parecchi minuti ma, come dissero forse solo per tranquillizzarmi, sarebbero risultati solo pochi secondi nel prodotto finale.
"Più rilassata. Stai tranquilla, e cerca di sentirti più a tuo agio. Non sei mica sotto la minaccia di una pistola", mi sentii dire diverse volte, con leggere varianti, durante i numerosi ciak delle scene con Alfonso.
Poi invece la scena in cui partivo da sola col motorino andò molto meglio, anche perché da copione dovevo essere nervosa e preoccupata. Ma di queste riprese non ricordo gran che, se non alla fine l'aiuto regista che mi disse:
"Bene, abbiamo finito. Lascia ad Alvaro il tuo nominativo, se non l'hai già fatto, e con il foglio che ti darà presentati all'amministrazione per il compenso non prima di una settimana. Ora riprendi pure le tue cose. Mi raccomando, lasciaci tutti i vestiti e gli accessori di scena. Se non vuoi tornare a Cinecittà, puoi cambiarti sul furgone."
Seguii alla lettera le sue istruzioni. Quando alla fine uscii dal furgone mi accorsi che tutti stavano aspettando me, come una diva … ma solo per potersene andare. O almeno, tutti tranne Alfonso, che mi porse nuovamente il casco.
"Posso avere il piacere di accompagnarti a casa?", mi chiese. "Tanto la mia moto e la mia guida le conosci, sai che ti puoi fidare".
Io ero sfinita, accaldata e per giunta affamata. Sicuramente tornare a casa in moto sarebbe stato più veloce e piacevole che non coi mezzi pubblici.
"Con piacere", gli risposi, "basta che non vai troppo forte."
"D'accordo", mi rispose lui. E partimmo.
Ero convinta che di solito un uomo, portando dietro di sé una donna in moto, cerchi sempre inconsciamente di spaventarla con la velocità, in modo da far si che lei si stringa a lui e lo abbracci forte. Un contatto fisico ed un senso di potenza e protezione che, pensavo, fanno sempre piacere anche a lei, ma soprattutto a lui. Ebbene quel giorno dubitai di questa mia convinzione.
"Più rilassata. Stai tranquilla. Cerca di sentirti più a tuo agio", mi disse in un paio di occasioni, scimmiottando i precedenti consigli dell'aiuto regista. Non pensai ad una sua burla perché certamente, così senza pensarci, lo stavo stringendo troppo: ebbi persino il dubbio di fargli male. Fatto sta che allentai la presa. Lui andò veramente piano ed io mi sentii davvero piacevolmente a mio agio. Tanto mi stavo rilassando che avrei rischiato di addormentarmi in quella posizione, pensai lungo il tragitto. Notai che non stava facendo la strada più breve, ma una specie di giro panoramico della città. Però non dissi niente: anzi, mi piacque molto, e quando mi resi conto che stavamo arrivando a casa ne ero quasi dispiaciuta.
Una volta arrivati, scesi dalla moto, mi tolsi il casco e lo ringraziai.
"Posso darti un bacio?", mi chiese lui a bruciapelo.
"Si", risposi io a bruciapelo, "ma sulla guancia, oppure sulla fronte, se preferisci." Non mi sentivo più coraggiosa come una ventenne, come la Silvestrini, tanto da cominciare una nuova avventura sentimentale, e per giunta proprio sotto il portone di casa mia.
Alfonso mi diede un bacio sulla guancia, ed uno sulla fronte; e ciò bastò per farmi avvampare. "Si capisce subito che non sei un'attrice, e che non potresti neanche mai diventarlo", mi disse sorridendo prima di ripartire in moto.
Probabilmente aveva ragione, e non mi dispiaceva affatto. Attori e attrici divorziano spesso, creando e distruggendo fragili famiglie, riflettei pensando con nostalgia alla mia cara famigliola. Mi toccai la fede sul mio dito, tanto per verificare che fosse ancora lì: fu allora che mi venne in mente che non l'avevo tolta durante le riprese, e nessuno se l'era ricordato. Chissà, magari avevo rovinato tutta la scena.
Tra questi pensieri salii a casa di Enrica, misi qualcosa sotto i denti ed esausta mi buttai sul primo letto che trovai, e mi addormentai.
Mi risvegliai con la suoneria di un cellulare. Che strano sogno ho fatto, pensavo mentre cercavo prima di localizzare la fonte di quel suono e poi, una volta cessato, di orientarmi per capire dove mi trovassi.
Poi suonò il campanello, ed io, realizzato dove mi trovavo e perché, andai ad aprire. Era Enrica, tornata quella di sempre.
"Bene, vedo che anche tu non hai usato la lacca e sei tornata in te. Per fortuna, altrimenti i tuoi figli sarebbero rimasti qualche ora senza mamma."
Mi guardai allo specchio e constatai, con un certo sollievo, che quello che diceva era vero.
"Io sono uscita che loro dormivano. Se ti chiedessero perché … per buttare la spazzatura. E adesso vai, se no potrebbero preoccuparsi o insospettirsi."
Ci scambiammo nuovamente le chiavi e il telefonino. Io presi anche la spazzatura, e uscii di casa a buttarla.
Era domenica mattina presto e, nonostante avessi dormito per un sacco di tempo, mi sentivo ancora assonnata. Rientrai a casa, stavolta la mia, e senza far rumore mi svestii, mi infilai nel mio letto e mi rimisi a dormire.
IL CAMPIONE E LO STUDENTE
“Ha capito la domanda? Giovanotto: mi sta a sentire si o no?”
Riccardo sembrava assente, del tutto indifferente a quanto gli stava dicendo il professore al cui cospetto si trovava seduto per affrontare un esame universitario.
“Ehi, ragazzo: dico a te.”
Il tono di voce stava salendo, segno che il docente stava perdendo la pazienza; ma la giovane assistente intervenne in difesa dello studente.
“La prego, non alzi troppo la voce, professore. Una volta ho avuto a che fare con una ragazza che soffriva di una forma leggera di epilessia. Anche lei aveva dei momenti in cui la mente era come assente. Dicono che in questi casi la cosa migliore sia aspettare che tornino in loro. Gli lasci cinque minuti per riprendersi. Lo conosco bene, ha frequentato tutte le esercitazioni e mi pare un ragazzo molto preparato: non può non conoscere questo argomento basilare.”
“Va bene. Se ha qualche problema di salute, veniamogli incontro; ma non la passerà liscia se scopro che si prende gioco di me. Comunque non abbiamo tempo da perdere. Gli esaminandi sono tanti. Passo ad un altro ragazzo, poi quando ho finito vediamo come si sente.”
L’assistente rimase seduta vicino a Riccardo chiamandolo dolcemente per cognome, e poi anche per nome, e poco dopo riuscì ad avere la sua attenzione.
“Ci sei? Ti senti bene adesso?”
“Si, direi di si. Perché? Cosa è successo?”
“Sembravi altrove. Il professore parlava e tu non gli davi retta.”
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