Название: Sta Scherzando, Commissario?
Автор: Marco Fogliani
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Зарубежное фэнтези
isbn: 9788873045472
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E' stato allora che per noi è morta."
Non riuscì a continuare. Poggiò la sua tazza e chiuse gli occhi, come per raccogliere da dentro di sé le forze per proseguire, o forse per cercare di rivedere il volto sorridente di sua figlia ragazza.
"Ma poi è morta di nuovo, in quella clinica. Perché, - e questo non potrà capirlo se non ha figli - una figlia resta sempre una figlia anche se non ti può vedere, o non la puoi vedere; se non riesci a comunicare con lei; se è scappata di casa, o se ti ha riempito la vita solo di dispiaceri. E' sempre una figlia, e quando muore ti manca da morire, e ti accorgi che era comunque meglio averla viva, con tutti i difetti che poteva avere o i problemi che poteva darti. Un figlio è un pezzo di cuore, come dicono a Napoli."
Fece una nuova pausa, sospirando e chiudendo nuovamente gli occhi per un attimo.
"E poi hanno tentato di ucciderla ancora. Siete stati voi giornalisti, con insinuazioni, sospetti, supposizioni, congiure immaginate chissà con che scopo. La prego, cercate di non ucciderla ancora."
"Si riferisce anche al contenuto della cassetta che le ho mandato?" le chiesi. "L'ha vista fino alla fine?"
"No, no. Ormai non serve più, non ha più senso. Anzi, forse sono io a poterla aiutare."
In realtà non aspettavo altro. Lei si alzò, si diresse ad una scrivania da cui prese una corposa cartellina per documenti, e me la diede. Era piena di fogli di giornale e riviste, qualche libro, foto e articoli ritagliati.
"Tenga. Questo è quanto sono riusciti a scrivere alcuni suoi colleghi prima di lei. Ci sono persino un paio di libri. E' stato detto di tutto. E sarebbe anche bello, se fosse vero. Una fuga d'amore; uno scambio di cadaveri; i servizi segreti francesi o quelli italiani, o forse tutti e due, in cooperazione; un alto generale francese, o addirittura un ministro; una gravidanza troppo imbarazzante; una nuova vita in Papuasia, o forse come missionaria in Africa. Faccia un po' lei, si sbizzarrisca."
"Cerchi di capirmi, signora: io sono un giornalista."
"Certo, certo: lo so. Deve fare il suo lavoro. E' assurdo, oltre che inutile, chiederle di non farlo. Però se le è possibile, una volta fatte le sue ricerche e formulate le sue congetture, aspetti per pubblicarle che io e mio marito saremo morti. Tanto ormai non c'è più nessuna fretta, decennio in più o in meno. Non contribuisca a questo stillicidio continuo, a questo strazio con cui cercano di uccidercela di nuovo. Lei sarà ancora giovane, e non sarà certo questo a farle fare carriera."
Non sapevo cosa dirle. Non trovai di meglio che rassicurarla dicendole:
"Cercherò di non mettere in cattiva luce nessuno della sua famiglia."
Mi alzai, come per togliere il disturbo, ma mi trattenni. Ero venuto fin lì e non avevo concluso niente.
"C'è qualcos'altro che posso fare per lei?", mi chiese cortese la signora.
"Avete qualche ricordo di Luana, in questa casa?"
"Qualcosa nell'altra camera, e forse basta. Dia pure un'occhiata liberamente, come se fosse a casa sua."
In un angolo di quella che doveva essere la camera degli ospiti, sistemati con cura attorno ad un mazzo di fiori, trovai qualche bambolina, qualche libro e qualche fotografia. Ricordi di una ragazza sana e felice, ancora pura e in sintonia con la sua famiglia. Niente altro.
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"E secondo lei", chiese il commissario, "tra le varie piste, tra tutte le ipotesi sulla scomparsa della Mozzi, ce n'era qualcuna a cui il Papotti dava maggior credito? Non so, può essere che ne abbiate parlato…."
"Lui era convinto che dietro ci fossero i servizi segreti. Non che la cosa lo spaventasse, anzi: ciò rendeva il suo lavoro ancora più interessante, una sfida ancor più difficile e quindi più appassionante. D'altronde io ero contento per lui: finalmente un caso rilevante, di portata internazionale."
"E' tutto?", chiese il commissario Sgamon al direttore del giornale.
"Direi di sì. Dopo la sua visita a casa Mozzi, ormai oltre un mese fa, il Papotti è sparito di nuovo. Per un po' ho ricevuti i suoi aggiornamenti dalla Francia; ma poi più niente. Ah, dimenticavo: l'ultima cosa che mi ha mandato è questa foto, con il cellulare. Una donna sulla spiaggia. Forse una certa somiglianza con la Mozzi. Però non saprei… Ma ora sono oltre due settimane che non si fa sentire, e questo proprio non è da lui. Sono certo che gli è successo qualcosa."
"E il suo telefonino risponde libero? Forse potremmo cominciare a rintracciare quello."
"Nessun segno di vita. Le lascio il numero, commissario, insieme a qualche sua fotografia. E qualunque altra cosa possa servire a rintracciarlo, la prego di fare pure il massimo affidamento sulla collaborazione di tutti noi del giornale."
IL CASTELLO DELL'AMORE
In quel castello non c'ero mai stato prima: ci sono andato solo per l'insistenza di Angela. Sapete come vanno queste faccende: quando una donna si mette in mente qualcosa è ben difficile farle cambiare idea, soprattutto se è innamorata.
Aveva cominciato a parlarmene con tantissimo anticipo, mi pare già la notte di capodanno. "Per San Valentino mi devi portare al castello Brini-Maniscalchi. Faranno una festa mascherata. Sarà bellissimo. E' un posto davvero molto romantico."
Nulla da dire sulle serate romantiche, anzi. Stare con Angela mi piace sempre - figuriamoci quando l'atmosfera fa la sua parte per mettere in risalto il nostro amore. Ma per le feste in maschera non sono mai stato entusiasta. Proprio non mi va giù dovermi organizzare il travestimento e magari stare scomodo tutta la sera, solo per fare qualcosa di diverso e perché lo fanno tutti gli altri.
"Sempre che tu mi voglia ancora bene, naturalmente", aggiunse lei vedendo la mia faccia scettica. "Guarda che ci tengo così tanto che per andarci sono disposta a trovarmi un altro cavaliere." Ovviamente scherzava, ma afferrai subito il messaggio.
Quel fatidico giorno Angela mi convinse che la cosa migliore era partire appena dopo pranzo, per prendercela con tutta calma. E non solo perché il castello distava da noi oltre un'ora di macchina.
"Papà e mamma mi hanno raccomandato di tornare a casa entro le dieci. Magari facciamo anche le undici, così riusciamo a vedere i fuochi d'artificio: ma non più tardi. Sai come sono i miei genitori."
Ebbene si, lo sapevo. Emisi un grugnito, che rappresentava molto bene il mio pensiero senza obbligarmi a esprimere idee o opinioni che avrebbero potuto innescare tra noi una discussione, sgradevole e soprattutto inopportuna quel giorno.
"E poi", proseguì, "vorrei fare un bel giretto per СКАЧАТЬ