.
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу - страница 7

Название:

Автор:

Издательство:

Жанр:

Серия:

isbn:

isbn:

СКАЧАТЬ spiriti delicati d'Europa renderebbero quasi insopportabile il soggiorno del nuovo mondo, gli americani non lo possono nè lamentare nè avvertire. Essi stanno, rispetto a noi, come un uomo che non ama rispetto ad uno innamorato. A quello non par possibile che un essere ragionevole smarrisca la nozione della vita presente e delle cose che lo circondano, ed il senso dell'utile per i begli occhi di una donna che lo lasciano lui, freddo ed indifferente. A questi non par possibile che altri possa vivere senza amare e senza amare quella per l'appunto che a lui solo par donna. Noi siamo, rispetto all'arte degli americani, e parlo qui in modo speciale dell'architettura perchè è la sola dove essi abbiano conseguito una vera personalità, nelle identiche condizioni in cui si trovava il Vasari rispetto all'arte gotica; il quale ne chiamava maledizione di fabbriche, i prodotti. Diciamo subito che i nuovi saggi architettonici d'oltre oceano, non incontrano neanche in America la generale approvazione, e neanche quella del maggior numero. Ma i dubbiosi ed i dissenzienti, non condannano: stanno a vedere, persuasi che ai primi informi tentativi seguiranno vere e sicure opere d'arte originali e pratiche. A noi europei quelle moli scomposte danno un senso di apprensione e di inquietudine, senza indurci nello sgomento estetico e grandioso. L'immenso fabbricato dell'Auditorium di Chicago, dove c'è un albergo per un migliaio di avventori, una quantità grande di banche e di scrittoi d'ogni maniera, il Conservatorio di musica e, non ricordo se al sesto o al settimo piano un teatro capace di ottomila persone, fa più meraviglia a sentirne enunciata la capacità che a vederlo. La sua vastità manca di grandezza. La vastità non è e non può essere elemento d'arte. Lo è la grandezza che risulta dalla coordinazione delle parti. Può riuscire cento volte più grandioso un edificio cento volte più piccolo.

      New-York non accolse ancora quelle babeliche moli che in Chicago assaltano il cielo con una temerità che sa di pazzia. Ma già i maggiori giornali s'insediarono in esili casoni giganti nei quali la comodità e la speditezza dei servizî sono sacrificate alla smania di sorpassare i vicini. In luogo di distendersi in piano, quegli edifizî si affilano in torri, onde le comunicazioni fra le diverse parti richiedono un continuo moto di ascensori. Tutte le colossali fabbriche di New-York hanno porte basse e tozze che il sovrastante edificio schiaccia ridicolmente, e piani soffocati. I due piani del palazzo Tolomei di Siena, ne darebbero otto di questi. Certe case di quattordici piani, non misurano una volta e mezza l'altezza del palazzo Strozzi. Curano bensì di mentire la frequenza degli scomparti per via di finestroni che salgono dal primo al quarto piano, ma quel vedere dalla strada, nell'altezza di una sola finestra, tre metri uno sopra l'altro, tre signori, seduti a tre scrivanie e persone e mobili quasi sospesi nell'aria ed appoggiati ad una parete trasparente, induce un senso d'inquietudine irritante. Dove posano i due piani intermedî? Se ci stanno e reggono pesi, si capisce che hanno base sufficiente; ma se la scienza costruttiva si appaga della stabilità reale, l'arte architettonica vuole anche l'apparente perchè l'occhio ha la sua logica. Non nego che la nostra estetica architettonica s'informi ai massicci e grossi materiali costruttivi durati in uso per tanti secoli. Già la nozione razionale e sperimentale che abbiamo della stabilità, va conciliandosi colle forme snelle consentite dai materiali metallici: ma i sensi impigriti della secolare abitudine, sono più tardi della ragione, e non sempre quello che ci persuade li appaga.

      Nel disgusto che ci danno quelle nuove forme, interviene dunque un resto di pregiudizio che sarà bene combattere e che andrà per necessità di cose scomparendo di per sè stesso. E scomparirebbe più presto se l'architettura ferrea di quei novatori fosse più sincera. Ma essa edifica col ferro e mentisce muri d'apparato. Noi ammiriamo con viva compiacenza estetica, i ponti sospesi e le immense arcate delle stazioni, dove la membratura ferrea ci appare schietta nella sua robusta sottigliezza. Perchè le fabbriche non si darebbero anch'esse per quello che sono? Non c'è vera originalità senza schiettezza.

      CAPITOLO III.

      L'intemperanza degli americani

      Quando si affermano le qualità caratteristiche di un popolo ed in special modo di un popolo vario e progressivo quale l'americano, si parla ben inteso sulle generali. Le grandi città dell'Unione e segnatamente quelle prossime all'Atlantico, raccolgono oramai una società cosmopolita, nella quale i caratteri etnici sono in apparenza attenuati e modificati dalla convivenza con genti europee, dalla coltura, dai viaggi, dai parentadi, dalla vanità, dalla moda. L'europeo colto, che giunga in America, e frequenti per l'appunto tale società vi trova la più squisita gentilezza di modi e, sopratutto nelle donne, una grande cura di far risaltare le affinità e di nascondere le dissomiglianze di razza. I circoli eleganti di New-York sono al fatto di quanto segue giornalmente nelle grandi capitali d'Europa nel campo dell'arte, degli spettacoli, nelle feste, nella cronaca mondana, dell'almanacco di Gotha, e ne discorrono come di cose vicine e famigliari. Le signore americane le quali ostentano volentieri una sprezzante ignoranza intorno alla vita politica del loro paese, arrossirebbero di non saper nominare le dame d'onore della regina d'Inghilterra, o dichiarare il grado di parentela che corre tra le case d'Assia e di Mecklembourg o dare il suo giusto titolo ad un cameriere intimo di Sua Santità, il sommo Pontefice. È curiosa la conoscenza sicura che hanno quelle belle protestanti, delle cariche, delle cerimonie e degli intrighi vaticani e curiosissimo l'untuoso rispetto con cui ne discorrono. La corte papale esercita su di esse una seduzione, non guari dissimile nelle origini da quella che esce dai laboratorii di sartoria muliebre del Worth e dai prontuarii di casistica erotica di Paolo Bourget. I papisti sono consapevoli del fascino nobiliare che esercita il cattolicismo e lo mettono a partito. I preti ed i prelati cattolici residenti nelle grandi città americane, disciolti dall'obbligo di vestire l'abito sacerdotale, fanno una propaganda mondana che dà copiosi frutti. La loro aria di degnazione benevola, il loro distacco dalle cose terrene cui s'accostano indulgenti, il parlare sobrio e pacato, il loro rifarsi nei discorsi d'arte e di signoria da tradizioni universalmente rispettate, sono per essi altrettante cagioni di un predominio cui il fondamentale dissidio religioso aggiunge sapore.

      Ma la importazione del gusto raffinato e mutevole dell'alta società europea e la levigatura che procede sempre dalla ricchezza, non modificarono se non in apparenza le tendenze native. A parole, i fashionables del caffè Del Monico, professano un'estetica delicata che deve costar loro una continua autovigilanza. Quella tenuità di pensamenti e di movimenti che è il non plus ultra della sciccheria, stride col loro fisico poderoso e bisognoso d'azione. Il formidabile individualismo onde trassero nel tempo ricchezza e grandezza, si adagia a stento nella disciplina convenzionale della nostra gente per bene. Quando si mettono per godere, vogliono godere oltre misura. Cento doganieri dell'estetica, appostati sull'entrata di un salone a respingerne ogni oggetto non bollato per raffinatissimo, non possono impedire che la raccolta di troppe cose squisite esprima un gusto se non eteroclito, eterodosso. Ogni particolare della vita di quei gaudenti, otterrebbe l'accessit dal più schifiltoso fra i dittatori della moda e della delicatezza parigina, ma il loro complesso tradisce per lo più quella inclinazione a fare in grande che è propria degli arricchiti. Eppure esiste in America una aristocrazia plutocratica, i cui titoli nobiliari risalgono a nonni milionari. Ma quel sottile smeriglio che è il milione da lungo tempo posseduto, non venne ancora a capo di levigare del tutto la ruvida scorza che salì dal ceppo agli ultimi rami. È certo che in America la lunga ricchezza non produsse ancora quello che noi pare supremo fiore dell'eleganza spregiudicata e sicura: l'amore del semplice. Lo produrrà mai? La domanda è oziosa. Meno ozioso il domandare se sarà bene che lo produca. Ed io sto per la negativa. Noi abbiamo cristallizzato il gusto. Il senso della misura, è conservatore per eccellenza, e nasce da timidità. Chi visita gli Stati Uniti, poichè si riebbe dal primo sbalordimento, prende a dubitare della nostra estetica legittimista. Se cerchiamo bene, poichè la gente capace di un giudizio genuino è molto scarsa, il consenso universale nei postulati estetici procede presso di noi da una riverenza tradizionale, non scevra di pigrizia. Noi non ammettiamo i novatori se non quando sono decrepiti e nell'essere stato riconosciamo la prima e principale ragione dell'essere. Così andiamo sempre più divezzando la gente pigra dal pensare col proprio cervello.

      L'Americano, all'incontro, cura più il gusto presente che il passato. Il suo difetto di tradizioni secolari, che noi europei avvertiamo di subito e che sulle prime produce nelle nostre menti consuetudinarie un senso di disagio, lo franca dalla timidità rispettosa e lo aiuta a conseguire la personalità. Non è il caso ch'io riprenda, dopo tanti altri, СКАЧАТЬ