Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10. Edward Gibbon
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СКАЧАТЬ o piuttosto per dettare, un libro divino, com'egli diceva, che fosse il compendio e il compimento di tutte le rivelazioni: nella stessa sua camera insorse disputa per sapere, se gli si permetterebbe di porre un'autorità superiore a quella del Corano; e la quistione si riscaldò tanto che dovè d'indecente veemenza riprendere i suoi discepoli. Se si può prestar fede in parte alle tradizioni delle sue mogli, o di coloro che vissero con lui, mantenne in seno alla famiglia, e sino all'ultimo istante di vita, tutta la dignità d'un appostolo, e tutta la franchezza d'un entusiasta; descrisse le visite dell'angelo Gabriele venuto a dar l'ultimo addio alla terra, ed espresse una viva fiducia non solo nella bontà, ma nel favore dell'Essere supremo per lui. Un giorno, in un colloquio familiare, aveva annunciato che per un suo privilegio speciale non verrebbe l'angelo della morte a pigliar la sua anima se non se dopo avergliene chiesta rispettosamente licenza. Conceduta che l'ebbe, cadde in agonia; la sua testa si posava sul petto di Ayesha, la prediletta delle sue mogli; svenne egli nell'angoscia, ma poi riavutosi alquanto, sollevò verso la soffitta un'occhiata ancora franca, sebbene già fosse languida la voce, e pronunciò queste parole interrotte: «O Dio!.. perdona i miei peccati… sì… vado a rivedere i miei concittadini che sono nel cielo». Poi sdraiato sur un tappeto disteso per terra esalò placidamente l'ultimo fiato. Questo tristo accidente impedì la straordinaria spedizione che dovea farsi per la conquista della Siria: l'esercito s'era fermato alle porte di Medina, e stavano i capitani raccolti attorno al loro padrone moribondo. Nella città, e specialmente poi in casa del Profeta, non s'udivano che grida di dolore quando cessava il silenzio della disperazione; dal solo fanatismo si ottenea qualche consolazione e speranza. «Il testimonio, l'intercessore, il mediator nostro presso Dio non può esser morto, gridavasi, ce ne appelliamo a Dio, non è morto: come Mosè e Gesù,168 assorto in estasi, ben tosto ritornerà al suo fido popolo.» Non si volle stare alla testimonianza de' sensi, e Omar, cavando la scimitarra dal fianco, minacciò di tagliare la testa di quell'infedele che osasse asserire che più non viveva il Profeta. La moderazione d'Abubeker, da tutti rispettato, sedò lo scompiglio. «Adorate voi Maometto, disse egli ad Omar e alla moltitudine, ovveramente il Dio di Maometto? Il Dio di Maometto vive per sempre, ma è mortale l'appostolo siccome noi, e giusta la sua predizione ha soggiaciuto al destino comune de' mortali». I suoi più stretti parenti piamente lo sotterrarono colle proprie mani nel luogo stesso ove era spirato169. La sua morte e sepoltura hanno consacrato Medina; e gl'innumerevoli pellegrini della Mecca deviano sovente per onorare con devozione spontanea170 la modesta tomba del Profeta171.

      Aspetterà forse il lettore che nel termine della vita di Maometto io mi faccia ad esaminare i suoi errori e le sue virtù, e a decidere se quest'uomo straordinario abbia meritato più il titolo d'entusiasta, o quello d'impostore. Quando avessi vissuto familiarmente col figlio d'Abdallah, difficile sarebbe l'impegno e incerto il successo; ma dopo dodici secoli, mi si presentano confusi i delineamenti di questo Profeta fra i religiosi nugoli di incenso; e se potessi pur un istante ravvisarli, questa incerta rassomiglianza non s'affarebbe ugualmente al solitario del monte Hera, al predicatore della Mecca e al vincitor dell'Arabia. Quest'uomo destinato a divenir l'autore di sì gran rivoluzione, era nato, per quanto pare, con un'inclinazione alla pietà e alla contemplazione: quando pel suo matrimonio fu immune dal bisogno, evitò la strada dell'ambizione e dell'avarizia; visse innocente sino all'età di quarant'anni, e se fosse morto allora non avrebbe avuto alcuna celebrità. L'unità di Dio è un'idea conformissima alla natura e alla ragione; dal solo conversare una volta co' Giudei e co' Cristiani potè apprendere a spregiare e a detestare l'idolatria della Mecca. Era ufficio di uomo e di cittadino pubblicar la dottrina della salute, e togliere dal peccato e dall'orrore la patria. È agevole cosa a concepirsi che uno spirito inteso costantemente e acremente a uno stesso oggetto, potesse convertire un obbligo generale in una mission particolare, e considerare per inspirazioni del cielo gli ardenti concetti della sua immaginazione; che l'ardor del pensiero abbia potuto condurlo ad una specie di estasi e di visione, e che abbia poi rappresentato le sue sensazioni interne, e la sua guida invisibile sotto la forma e gli attributi d'un angelo di Dio172. Pericoloso e lubrico è il passo dal fanatismo all'impostura. Il Demone di Socrate173 ci mostra abbastanza sino a qual segno possa un saggio illudere sè medesimo, come illudere gli altri un uom virtuoso, in qual modo addormentarsi la coscienza fra l'illusion personale e la frode volontaria. La carità ci farebbe persuasi che dapprima fosse animato Maometto da' motivi più puri d'una benevolenza naturale; ma l'appostolo che non è un Dio, è tale da non amare increduli ostinati nel ributtare le sue pretensioni, nel dispregiarne gli argomenti, nel perseguitare la sua vita. Se Maometto perdonò qualche volta a' suoi avversari personali, credea senz'altro lecito a sè di detestare i nemici di Dio; allora passioni inflessibili d'orgoglio e di vendetta gli entrarono in cuore, e, simile al Profeta di Ninive,174 fece voti per la distruzione de' ribelli che avea condannati. Per l'ingiustizia usatagli dalla Mecca, e per l'elezione che fece Medina, il semplice cittadino fu trasformato in principe, e l'umile predicatore in generale d'esercito. Ma sacra era la sua spada per l'esempio de' Santi, e quel Dio che punisce un Mondo peccatore colla peste e co' tremuoti, poteva adoperare il valor de' suoi servi per convertire e castigare alcuni uomini. Nell'esercitare il governo politico fu obbligato a mitigare l'inflessibile severità del fanatismo, a cedere in qualche parte a' pregiudizi e alle passioni de' Settari di quello, e di valersi degli stessi vizi del genere umano per la salute di esso. Soventi volte la menzogna e la perfidia, la crudeltà e l'ingiustizia servirono a propagare la fede, e Maometto ordinò o approvò l'assassinio de' Giudei, e degl'idolatri fuggiti dal campo di battaglia. Cotali atti ripetuti dovettero depravarne l'indole a poco a poco, e la pratica di alcune virtù personali e sociali, necessarie a mantenere la riputazione di Profeta nella sua Setta, e fra i suoi amici, furono debole compenso agli effetti funesti di quelle abitudini perniciose. L'ambizione fu la passion dominante degli ultimi suoi anni, e potrebbe un politico sospettare che dopo le vittorie ridesse l'impostore nel suo secreto del fanatismo della sua gioventù, e della credulità de' suoi proseliti175. In vece un filosofo osserverà che il buon esito, e l'altrui sciocchezza rafforzar dovevano in lui l'idea d'una mission divina, che i suoi interessi erano inseparabilmente collegati colla sua religione, e che potea liberarsi da' rimproveri della coscienza, persuadendo a sè stesso, che la Divinità dispensava lui solo dalle leggi positive e morali. Solo che se gli supponga un resto di rettitudine naturale, ponno considerarsi i suoi delitti quasi una testimonianza della sua buona fede. Le arti della menzogna e della soperchieria parranno men colpevoli quando s'impiegano al trionfo della verità, e avrebbe avuto orrore a valersi di siffatti istrumenti, se non fosse stato certo che rilevanti e giusti erano i disegni pe' quali ne usava. Si può per altro anche in un conquistatore e in un sacerdote trovare una parola, un'azione di vera umanità; e quel decreto, che nella vendita de' prigionieri vietò il separare le madri da' figli, può sospendere e raddolcire la censura dello storico176.

      Maometto avea il buon senso di non curare la pompa e la dignità regia177: l'appostolo di Dio s'abbassava alle occupazioni più oscure della vita domestica: accendeva il foco, scopava la stanza, mugnea le pecore, rattoppava le scarpe, e le vestimenta. Se aveva a schifo le mortificazioni e le virtù di un romito, osservava senza sforzo, come senza vanità, la dieta frugale d'un Arabo e d'un soldato. Nelle grandi occasioni ammetteva i compagni al suo desco che allor s'imbandiva con un'abbondanza rustica ed ospitale; ma abitualmente lasciava passar più settimane senza accendere fuoco in cucina. Confermava coll'esempio la proibizione del vino: calmava la fame con un tozzo di pane d'orzo; gli piaceva assai il latte e il mele, ma per costume si nudriva di datteri e d'acqua. Profumi e donne erano le due sensualità che il suo temperamento esigeva; non erano proibite dalla sua religione, ed egli asseriva che anzi da questi piaceri innocenti pigliava forza il fervore della sua devozione. Pel caldo del clima il sangue degli Arabi è acceso, e gli scrittori antichi notarono la inclinazione di quelli al libertinaggio178. Dalle leggi religiose e civili del Corano ne venne regolata l'incontinenza; furono biasimate СКАЧАТЬ



<p>168</p>

Non deve maravigliare, che nel caldo del fanatismo i discepoli di Maometto si sieno ingannati a grado di non crederlo morto, ed abbianlo paragonato a Mosè, ed a Gesù Cristo. Saggio e bello è poi il discorso di Abubeker, e conforme al puro Deismo, ed alla religione dello stesso Maometto, che non ha mai nè detto, nè preteso d'essere adorato, ma soltanto obbedito come un preteso inviato da Dio per manifestare la sua legge agli uomini. (Nota di N. N.)

<p>169</p>

I Greci e i Latini hanno inventato e divolgato la ridicola fola che da forti calamite sia tenuto sospeso in aria il deposito di Maometto nella volta del tempio della Mecca σημα μετεωριζομενον. (Laonico Calcondile, De rebus turcicis, l. III. p. 66). V. il Dizionario di Bayle, art. Mahomet. Rem. EE. FF. Anche senza l'aiuto della filosofia, basta osservare, 1. che il Profeta non è stato sepolto alla Mecca; 2. che la sua tomba, che sta a Medina, fu veduta da milioni di pellegrini, ed è in terra (Reland, De religione Moammed, l. II, c. 19, p. 209-211; Gagnier, Vie de Mahomet, t. III, p. 263-268).

<p>170</p>

Al-Jannabi enumera (Vie de Mahomet, t. III, p. 372-391) i vari doveri del pellegrino che va a visitare il sepolcro del Profeta e de' suoi compagni; e quel dotto casuista decide che questo è un atto rigoroso di devozione come l'adempimento d'un precetto divino, e quasi meritorio ugualmente. Contendono fra loro i dottori per sapere quale delle due città, della Mecca o di Medina, debba ottenere la preminenza, (p. 392-394).

<p>171</p>

Abulfeda (Vit. Moham., p. 133-142) e Gagnier (Vie de Mahomet, t. III, p. 220-271) descrivono l'ultima malattia, la morte e la sepoltura di Maometto. I particolari più secreti e rilevanti furono descritti nel principio da Ayesha, da Alì, da' figli d'Abbas, ec.; e abitando essi in Medina, e avendo sopravvissuto al Profeta molt'anni, poterono ripetere que' pii racconti ad una seconda e terza generazione di pellegrini.

<p>172</p>

Con molta imprudenza s'avvisarono i cristiani di dare a Maometto una colomba domestica, la quale parea che scendesse dal cielo, e gli parlasse all'orecchio: siccome Grozio si fonda su questa supposizione di miracolo (De veritate religionis christianae), il suo traduttore Arabo, il dotto Pocock, gli ha chiesto il nome de' suoi autori; Grozio ha confessato essere ignota la cosa a' Musulmani. Si soppresse nella versione Araba questa pia menzogna, per timore non movesse a riso e a sdegno i Settari di Maometto; ma s'è conservata, per edificare i fedeli, nelle tante edizioni del testo latino. (Pocock, Specimen Hist. Arabum, pag. 186, 187; Reland, De religione moham. l. II, c. 39, p. 259-262).

<p>173</p>

Εμοι δε τουτο εσιν εκ παιδος αρξαμενον φωνη τις γιγνομενη η οταν γενηται ασι αποτρεπει με τουτου ό αν μελλπραττειν, προτρεπει δε ουποτου: sin da fanciullo ho provato una certa voce interna, la quale ogni volta mi distoglieva da quel ch'io fossi per fare, ma non mai mi volgeva a fare. (Platon., in Apolog. Socrat., c. 19, p. 121, 122, ediz. Fisher.). Gli esempli familiari che Socrate vanta nel suo dialogo con Teage (Platonis opera, t. I, 128, 129, ediz. Enr. Stefano) sorpassano la previdenza umana, e l'inspirazione divina (il Δαιμονιον) del filosofo si vede chiaramente indicata ne' Memorabilia di Senofonte. Cicerone (De divinat., t. LIV), e le quattordicesima e quindicesima dissertazione di Massimo Tirio (1. 153-172, ediz. Davis) espongono le idee che ne aveano i platonici più ragionevoli.

<p>174</p>

Anche qui è indebito il paragone fra Maometto ed il Profeta di Ninive; noi dobbiamo credere, che questi fosse inspirato da Dio quando parlava; e sappiamo, che Maometto non fu che un fortunato ed abile fondatore della sua religione. (Nota di N. N.)

<p>175</p>

Voltaire, in uno de' tanti suoi scritti, paragona Maometto vecchio ad un Fakir «che si stacca la catena dal collo per darla su le orecchie a' suoi confratelli».

<p>176</p>

Gagnier con uguale imparzialità espone questa legge umanissima di Maometto, e gli assassinii di Caab e di Sophian dal Profeta incoraggiati ed approvati.

<p>177</p>

Si consulti, su la vita privata di Maometto, il Gagnier e i capitoli correlativi di Abulfeda; su la sua dieta (t. III, p. 285-288); su i suoi figli (p. 189-289); su le sue mogli (p. 290-303); sul suo matrimonio con Zeineb (t. II, p. 152-160); su i suoi amori con Maria (p. 303-309); su la falsa accusa d'Ayesha (pag. 186-199). Per questi ultimi fatti, la pruova men rifiutabile scontrasi nel ventiquattresimo, trentesimoterzo, e sessantesimosesto capitolo del Corano, col commentario del Sale. Il Prideaux (Vie de Mahomet, p. 80-90), e il Maracci (Prodrom. Alcoran., part. IV, p. 49-59) malignamente hanno esagerato i difetti di Maometto.

<p>178</p>

Incredibile est quo ardore apud eos in Venerem uterque solvitur sexus. Ammiano Marcellino, l. XIV, c. 4.