Название: Acquazzoni in montagna: Commedia in due atti
Автор: Giacosa Giuseppe
Издательство: Public Domain
Жанр: Зарубежная драматургия
isbn:
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Glie l'ho detto, sai, che eri in collera con lui.
Allora è inutile ch'io lo ripeta.
Sono perdonato?
Vi faccio la grazia.
Com'è indulgente!
E si può conoscere il delitto di Garbini?
Oh! in due parole: mia moglie è infatuata di suo cugino.
Ero sicura che sareste venuto.
Ahi!
E di dove viene ora?
Da Baden.
Ah!.. c'è rimasto un po' di tempo?
Le dicevo appunto che mia moglie…
Ci sono rimasto otto ore.
Ha giuocato?
Sì.
Ha guadagnato?
Sì, il primo treno celere che ne ripartiva.
Che furia!
È quello che dicevo io… e mia moglie era in collera…
Mi sbarazzi dello scialle…
Oh!
Non ti lascia dire.
Perchè le parlo di mia moglie.
E come mai siete capitato a Gressoney?
Dirò…
Non vi pensavate di trovarci? (Piano) Dite di no.
No, davvero.
Vedrà che bel soggiorno.
È vero. Io qui divento un altro.
Sì, molto pastorale. C'è tutto quello che non occorre.
L'uomo non vive di solo pane.
È poeta!
Dacchè è diventato un altro.
Già. A mio gusto, bisogna averci delle serie ragioni per rimanere qui un pezzo.
Un luogo è bello secondo le persone che ci si trovano.
Andate fuori, bisogna impellicciarvi fin qui. C'è sole, brucia… e via lo scialle… Svoltate, una brezza che vi gela il sangue. È un sereno incantevole… non passano dieci minuti che diluvia. Uscite coll'ombrello, si leva un vento…
Che porta via le nuvole…
E l'ombrello. L'erba dei prati è un formicaio: sui tronchi rovesciati non ci potete sedere per la colla che gemono; i sassi sono coperti di muschi pungenti; in tutta Italia, di tutte le serpi ce n'è una sola velenosa, la vipera; ebbene, qui non c'è che quella, e ce n'è un subisso. L'acqua che bevete vi rompe i denti dal freddo. Gli uomini all'albergo stanchi, laceri, orribili tutti.
Grazie.
Non dico per te.
Dice per me?
No, ma è un fatto. Domandatene la signora Livia. Questi alpinisti! Arrivano qui calzati in un modo! e vestiti! Fanno tremare la casa! e pon si piantano sul bastone… guardate in terra, c'è tutto bucherato; sono le punte delle loro mazze. Arrivano inzaccherati, luridi, colano acqua e sudore, sanno di pipa, hanno un grosso cappello a piume e fiori secchi, e la faccia poi, la faccia fa ribrezzo! Le labbra grosse, violacee, rotte; gli occhi che non sanno più guardare; il naso gonfio; la pelle, dove rimane, arsa, nera rossa, gialla, screpolata; le mani inerti. Si buttano sul sofà, parlano forte, ridono più forte, fumano più forte, bevono più forte e poi a letto; e il mattino alle due, ton, ton; la casa è di legno… un baccano! Vi svegliate di sussulto… che cos'è? Rovina il tetto?.. Sono quei signori che partono. – C'è da ammalarsi, c'è da ammalarsi!
Come si sente la donna che soffre!
Arrivano sfigurati a quel modo?
Già, il ghiacciaio…
Ah il ghiacciaio riduce…?
Tu che volevi…
Ah! il mio buon mare!
E malgrado ciò mi rincresce partire.
Brava! ecco… il mare! Non ho mai capito che ci sia nel mare.
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