Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo III. Botta Carlo
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Название: Storia d'Italia dal 1789 al 1814, tomo III

Автор: Botta Carlo

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ quelle dei Scipioni, dei Fabj, dei Camilli; esse son pur quelle degli Sforza, degli Alviani, dei Castrucci: Italiani, impugnate le armi, impugnate le armi, e non le deponete, finchè questi barbari, di qualunque favella essi siano, non siano cacciati dalle dolci terre Italiane. Vedete lo strazio, che fanno di voi? Vedete che il danno a lor non basta? Vedete, che non son contenti, se non aggiungono lo scherno? I rubamenti non saziano questa gente avara; questa gente superba vuole gl'improperj, ed il vilipendio. Sonvi le querele imputate a delitto; evvi il silenzio imputato a congiura: o che serviate, o che non serviate, vi apprestano gl'insulti, o le mannaie, perchè il servire chiamano viltà, il resistere ribellione. Vi accusano di armi nascoste; vi chiamano gente traditrice, come se non fosse maggior viltà al più forte l'usare i fucili ed i cannoni contro i deboli, che ai deboli l'usare contro il più forte gli stili e le coltella! Adunque poichè di stili e di coltella vi accagionano, e poichè un risguardo di Dio, protettore degli oppressi, e l'insopportabile superbia loro vi hanno ora posto i fucili ed i cannoni in mano, usategli, usategli, e pruovate, che anche gl'Italiani petti sono forti contro i rimbombi, e le guerriere tempeste. Credete voi, che siano costoro invulnerabili? Credete voi, che siano più valorosi di voi? Per Dio, no, non abbiate sì falso pensiero: i valorosi non son perfidi, ed opera di perfidia sono i fatti recenti. Non sotto spezie di amicizia fu invasa Genova, insidiata Cavi, conculcato Livorno? Non sotto spezie di amicizia furono da lor prese le Veneziane fortezze? Non da loro si sommovono i popoli contro i governi, non da loro si usano i governi per tiranneggiare i popoli? Ma che parlo? Ricordatevi di Brescia, di Bergamo e di Crema fatte ribelli al loro signore dai tradimenti di costoro. Non avete voi testè letto i manifesti nimichevoli contro di voi mandati da quel Landrieux, primario insidiatore, sotto colore di amicizia, di quelle misere città? Non vedete voi qui il pubblicato scritto di un Lahoz, pagato da loro, perchè con mani Italiane versi sangue Italiano? Non vi muoveste pure or ora a sdegno nel leggere il manifesto inventato da loro, ed apposto al Battaglia, a quel Battaglia, che, Dio voglia, sia tanto puro, quanto la causa è santa? Vero, disse il manifesto, e nessuno il sa meglio che chi lo scrisse; ma vera ancora è l'infame fraude, non a liberare gli oppressi diretta, ma a dar cagione agli oppressori di tradire gli oppressi; caso veramente scelerato di sommuovere prima i popoli, poi di tradirgli per dargli in mano ad insolite tirannidi. Non ebbimo noi qui nell'innocente Verona i scelerati subornatori venuti per prezzo da Lonato, da Desenzano, da Brescia? Non abbiamo noi qui capitani vili, mandati espressamente da Buonaparte sotto pretesto di reggerla, a contaminar Verona? Non è Buonaparte stesso, non solo nido, ma covo d'infami fraudi? Vincitore insolente in palese, insidiatore scelerato in segreto? Sono questi i valorosi, che abbiano a farvi tremare? Tolga Dio questa credenza, che il valore è virtù, e la perfidia fa, non soldati valorosi, ma satelliti codardi. Fumano al cospetto vostro le campagne poc'anzi liete e dilettose della Brenta, ed ora consumate, ed arse dai barbari. Sono bruttati i tempii, sono spogliate le case, è ogni opera dell'Italiano ingegno, utile o magnifica, fatta preda di soldatesche sfrenate. Adunque pei barbari travagliarono i Raffaelli, i Tiziani, i Paoli? Adunque i Petrarca, gli Ariosti, i Tassi scrissero, perchè i testi loro gissero in mano di coloro, che non gl'intendono? Adunque diè il povero l'obolo suo alla Casa santa di Loreto, perchè uomini già fatti ricchi da tanti rubamenti lo rapissero, ed in prezzo di meretrici, in prezzo di corruzione contro gl'Italiani stessi il convertissero? Adunque portò il povero per incorrotta fede nei monti di pietà il risparmiato frutto di tante veglie, perchè fosse involato da chi non veglia, che nei bagordi, nei giuochi, nelle fraudi? Ov'è l'Italia adesso? Il suo fiore è perduto. Dove i costumi? Contaminati da fogge forestiere. Dove le armi? Tradite pria, poscia disperse, o serve. Dove la lingua? Lordata da parlari strani. Dove l'arte dello scrivere, già sì famosa al mondo, e maestra di tanti? O tace, o adula, o imita. Scrittoruzzi da insegne, scrittoruzzi da giornali, scrittoruzzi da libercoletti son venuti ad insegnarci lo scrivere, ed il pensare! Oh, vergogna nostra sempiterna, se con l'armi non vendichiamo il perduto pregio dell'ingegno! Piangono le Pavesi madri, piangono le Veronesi madri i figli uccisi nelle battaglie contro i tiranni; piangono le Italiane madri le figlie, prima ingannate, poscia abbandonate dai vili seduttori, e si querelano indarno del contaminato onore. E voi ve ne starete? E voi non brandirete le armi? E voi non spenderete l'ultimo fiato per vendicare, per liberare Italia da tanto strazio! La vittoria vostra è vittoria comune, perchè a tutti puzza questo barbaro dominio, ed il primo messo apportatore delle Veronesi battaglie farà muovere a redenzione tutti i popoli. Sdegnata è Germania dell'oscurato valor militare, sdegnata Genova della perduta indipendenza, sdegnata Roma dell'offesa religione, sdegnata Toscana dell'oltraggiata amicizia, sdegnata Napoli dell'esser fatta stromento alla servitù d'Italia. Tutti aspettano un valor primo, tutti domandano una rizzata insegna; tutti agognan sorgere in aiuto della generosa Verona. La mole intera dell'Italica libertà nelle mani vostre sta: perchè molti combatteran contro pochi, virtuosi contro viziosi, oppressi contro oppressori, nè mai vano riesce l'ardor della libertà. Vinti i Francesi, qual altro barbaro s'ardirà d'affrontare la vincitrice Italia? Tutti saran cacciati; il sole Italiano non splenderà più che su fronti Italiane, l'aria non udirà più le ispide favelle; i solchi di questa terra, tanto ferace madre, non produrran più per altri, che per noi i dolci frutti loro; le spose intatte non daran più al mondo che forti, che sinceri, che liberi Italiani. Fu già Venezia ricovero ai liberi Italiani contro l'inondazione d'antichi barbari; fia Venezia nuova occasione ai liberi Italiani di cacciare i barbari moderni. Il valore libererà l'Italia, l'unione preserveralla, e già mi s'appresentano alla rallegrata mente nuovi secoli per quest'antica madre del mondo. Ma io vi veggio rossi di sangue! questo è sangue di barbari. Deh, fate voi, che sia seme di libertà. Ite, correte, uccidete quest'uomini truculenti: il sangue loro fia segno della salute nostra, nè mai senza sangue s'acquista la libertà. Ha il sommo Iddio, quando ordinò l'universo, voluto, o che i tiranni versassero il sangue degli oppressi, o che la libertà versasse il sangue degli oppressori. Ite, e scegliete tra le mannaie e gli sparsi fiori, tra la vita e la morte, tra la gloria, e l'ignominia, tra l'indipendenza e la servitù, tra la libertà e la tirannide. Il principe vostro, il cielo propizio, sorti fortunate, l'amore, il furore, le donne, i padri, i figli, l'incominciate battaglie, queste prime vittorie vi chiamano ad un'alta e non più udita impresa; e poichè la rotta pazienza vi fe' correre all'armi, fate che l'armi non siano impugnate indarno».

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