Le tigri di Monpracem. Emilio Salgari
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Название: Le tigri di Monpracem

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ rabescata e dal lungo tiro: alla cintura una pesante scimitarra dall’impugnatura di oro massiccio e di dietro un kriss, quel pugnale dalla lama serpeggiante e avvelenata, tanto caro alle popolazioni della Malesia.

      Si arrestò un momento sull’orlo della gran rupe, scorrendo col suo sguardo d’aquila la superficie del mare, diventata liscia e tersa come uno specchio, e lo fermò verso l’oriente.

      – È là – mormorò egli, dopo alcuni istanti di contemplazione. – Strano destino, che mi spingi laggiù, dimmi se mi sarai fatale! Dimmi se quella donna dagli occhi azzurri e dai capelli d’oro che ogni notte conturba i miei sogni, sarà la mia perdita!…

      Scosse il capo come se volesse scacciare un cattivo pensiero, poi a lenti passi discese una stretta scaletta aperta nella roccia e che conduceva alla spiaggia. Un uomo lo attendeva al basso: era Yanez.

      – Tutto è pronto – disse questi. – Ho fatto preparare i due migliori legni della nostra flotta, rinforzandoli con due grosse spingarde.

      – E gli uomini?

      – Tutte le bande sono schierate sulla spiaggia, coi loro capi. Non avrai che da scegliere le migliori.

      – Grazie, Yanez.

      – Non ringraziarmi, Sandokan; forse ho preparato la tua rovina.

      – Non temere, fratello mio; le palle hanno paura di me.

      – Sii prudente, molto prudente.

      – Lo sarò e ti prometto che, appena avrò veduta quella fanciulla ritornerò qui.

      – Dannata femmina! Strangolerei quel pirata che per primo la vide e ne parlò a te.

      – Vieni, Yanez.

      Attraversarono una spianata, difesa da grandi bastioni, e armata di grossi pezzi d’artiglieria, di terrapieni e di profondi fossati e giunsero sulle rive della baia, in mezzo alla quale galleggiavano dodici o quindici velieri, che si chiamano prahos. Dinanzi ad una lunga fila di capanne e di solidi fabbricati, che parevano magazzini, trecento uomini stavano schierati in bell’ordine, in attesa d’un comando qualunque per slanciarsi, come una legione di demoni, sulle navi e spargere il terrore su tutti i mari della Malesia.

      Che uomini e che tipi!

      Vi erano dei malesi, di statura piuttosto bassa, vigorosi e agili come le scimmie, dalla faccia quadra e ossuta, dalla tinta fosca, uomini famosi per la loro audacia e ferocia; dei battias, dalla tinta ancor più fosca, noti per la loro passione per la carne umana, quantunque dotati di una civiltà relativamente assai avanzata; dei dayaki della vicina isola di Borneo, di alta statura, dai lineamenti belli, celebri per le loro stragi, che valsero loro il titolo di tagliatori di teste; dei siamesi, dal viso romboidale e gli occhi dai riflessi giallastri; dei cocincinesi, dalla tinta gialla e il capo adorno di una coda smisurata e poi degli indiani, dei bughisi, dei giavanesi, dei tagali delle Filippine e infine dei negritos con delle teste enormi ed i lineamenti ributtanti.

      All’apparire della Tigre della Malesia, un fremito percorse la lunga fila dei pirati; tutti gli occhi parvero incendiarsi e tutte le mani si raggrinzarono attorno alle armi.

      Sandokan gettò uno sguardo di compiacenza sui suoi tigrotti, come amava chiamarli, e disse:

      – Patan, fatti innanzi.

      Un malese, di statura piuttosto alta, dalle membra poderose, la tinta olivastra e vestito d’un semplice sottanino rosso adorno di alcune piume, si avanzò con quel dondolamento che è particolare agli uomini di mare.

      – Quanti uomini conta la tua banda? – chiese.

      – Cinquanta, Tigre della Malesia.

      – Tutti buoni?

      – Tutti assetati di sangue.

      – Imbarcali su quei due prahos e cedine la metà al giavanese Giro-Batol.

      – E si va?…

      Sandokan gli lanciò uno sguardo, che fece fremere l’imprudente, quantunque fosse uno di quegli uomini che si rideva della mitraglia.

      – Ubbidisci e non una parola se vuoi vivere – gli disse Sandokan.

      Il malese s’allontanò rapidamente, traendosi dietro la sua banda, composta di uomini coraggiosi fino alla pazzia e che ad un cenno di Sandokan non avrebbero esitato a saccheggiare il sepolcro di Maometto, quantunque tutti maomettani.

      – Vieni Yanez – disse Sandokan, quando li vide imbarcati.

      Stavano per scendere la spiaggia, quando furono raggiunti da un brutto negro dalla testa enorme, dalle mani ed i piedi di grandezza sproporzionata, un vero campione di quegli orribili negritos che s’incontrano nell’interno di quasi tutte le isole della Malesia.

      – Che cosa vuoi e da dove vieni, Kili-Dalù? – gli chiese Yanez.

      – Vengo dalla costa meridionale – rispose il negato, respirando affannosamente.

      – E ci rechi?

      – Una buona nuova, capo bianco; ho veduto una grossa giunca bordeggiare verso le isole Romades.

      – Era carica? – chiese Sandokan.

      – Sì, Tigre.

      – Sta bene; fra tre ore cadrà in mio potere.

      – E poi andrai a Labuan?

      – Direttamente, Yanez.

      Si erano fermati dinanzi ad una ricca baleniera, montata da quattro malesi.

      – Addio, fratello – disse Sandokan, abbracciando Yanez.

      – Addio, Sandokan. Bada di non commettere delle pazzie.

      – Non temere; sarò prudente.

      – Addio e che la tua buona stella ti protegga.

      Sandokan balzò nella baleniera e, con pochi colpi di remo, raggiunse i prahos, i quali stavano spiegando le loro immense vele. Dalla spiaggia si alzò un immenso grido.

      – Evviva la Tigre della Malesia!

      – Partiamo – comandò il pirata, volgendosi ai due equipaggi.

      Le ancore vennero salpate da due squadre di demoni color verde-oliva o giallo-sporco e i due legni, fatte due bordate, si slanciarono in pieno mare, beccheggiando sulle azzurre onde del mar Malese.

      – La rotta? – chiese Sabau a Sandokan, che aveva preso il comando del legno maggiore.

      – Diritti alle isole Romades – rispose il capo. Poi, volgendosi verso gli equipaggi, gridò:

      – Tigrotti, aprite bene gli occhi; abbiamo una giunca da saccheggiare.

      Il vento era buono, soffiando dal sud-ovest, e il mare, appena mosso non opponeva resistenza alla corsa dei due legni, i quali in breve raggiunsero una celerità superiore ai dodici nodi, velocità veramente non comune ai bastimenti a vela, ma niente straordinaria pei legni malesi, che portano vele immense e hanno scafi strettissimi e leggeri.

      I due legni, СКАЧАТЬ