Jolanda, la figlia del Corsaro Nero. Emilio Salgari
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Название: Jolanda, la figlia del Corsaro Nero

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ ecco tutto» rispose Carmaux.

      «Voglio farvi guadagnare anch’io, señor. Puntate sul gallo che porteranno ora».

      «Vedremo».

      Un altro careador era in quel momento entrato, deponendo sulla tavola un gallo di forme splendide, più alto di Zambo, con una coda magnifica e le penne tutte bianche a riflessi argentei.

      Era El Plata.

      «Che ne dite señor?» disse fon Raffaele, volgendosi verso Carmaux.

      «Bellissimo senza dubbio» rispose l’avventuriero, che lo guardava attentamente.

      «Puntate?»

      «Sì, cinquecento piastre su Zambo».

      «Sul Plata volete dire».

      «Señor, cinquecento piastre per Zambo. Chi ci tiene?» gridò.

      «È una follìa».

      «Scommettete con me?»

      «Che sia invincibile quel Zambo?»

      «Questa sera sì!»

      «Siete il diavolo, voi?»

      «Se non sono veramente Belzebù, sarò un suo prossimo parente» rispose Carmaux, ironicamente. «Orsù, ci tenete con me?»

      «Sì, per la metà. El Plata, che era il mio favorito, a mare».

      Le scommesse erano finite ed il silenzio era tornato nell’ampia sala.

      I due galli, appena trovatisi di fronte, si erano assaliti con furore, sbattendo le ali e strappandosi mazzetti di penne.

      Parevano entrambi della stessa forza e Zambo, quantunque semi-cieco, non accordava tregua all’avversario.

      Ben presto il sangue cominciò a macchiare la tavola. I due combattenti si erano già trafitti parecchie volte cogli speroni ed El Plata aveva la bella cresta violacea a brandelli.

      Di tanto in tanto, come di comune accordo, s’arrestavano per riprendere lena e scuotere i grumi di sangue che li acciecavano, poi tornavano alla carica con maggior furia di prima. Al quinto attacco El Plata rimase sotto a Zambo.

      Un coro d’imprecazioni rimbombò nella sala, giacché i più avevano scommesso per il nuovo gallo. El Plata però, con una scossa improvvisa riuscì a liberarsi dalla stretta, ma non riuscì a parare un colpo di becco dell’avversario che gli strappò un occhio.

      «Così almeno sono pari» disse Carmaux. «L’uno e l’altro ne hanno perduto uno».

      Il careador si era precipitato verso El Plata. Gli fece ingoiare un sorso d’acquavite, gli lavò la testa colla spugna per sbarazzarlo dai grumi di sangue, gli sprizzò nell’orbita vuota un po’ di succo di limone, poi tornò a lanciarlo sulla tavola, dicendo:

      «Su, mio bravo».

      Aveva avuto troppa fretta. Il povero gallo, ancora stordito, non poté far fronte al fulmineo attacco del prode Zambo e cadde quasi subito colla testa spaccata da un furioso colpo di becco.

      «Che cosa vi avevo detto, señor?» disse Carmaux, volgendosi verso don Raffaele.

      «Che voi siete uno stregone, od il migliore careador dell’America».

      «Con tutte queste piastre che abbiamo guadagnato, possiamo permetterci il lusso di vuotare una bottiglia di Xeres. Ve l’offro io, se non vi rincresce».

      «Lasciate a me questo onore».

      «Come volete, señor».

      Capitolo secondo. Il rapimento del piantatore

      Mentre venivano portati due altri galli, durando quei combattimenti delle notti intere talvolta, Carmaux, Wan Stiller ed il grasso don Raffaele, seduti intorno ad un tavolo collocato in un angolo della sala, trincavano allegramente, come vecchi amici, dell’eccellente Xeres a due piastre la bottiglia.

      Lo spagnolo, messo in buon umore dalle vincite fatte e da alcuni bicchieri, chiacchierava come una gazza, vantando le sue piantagioni, le sue raffinerie di zucchero, e facendo comprendere ai due avventurieri come egli fosse uno dei pezzi grossi della colonia.

      Ad un tratto s’interruppe, chiedendo a bruciapelo a Carmaux, che continuava a riempirgli il bicchiere:

      «Ma… señor mio, non siete della colonia voi?»

      «No, anzi siamo giunti solamente questa sera».

      «Da dove?»

      «Da Panama».

      «Siete venuti per cercare qui da occuparvi? Ho qualche posto sempre disponibile».

      «Siamo gente di mare, signore, noi e poi non abbiamo intenzione di fermarci a lungo qui».

      «Cercate qualche carico di zucchero?»

      «No» disse Carmaux, abbassando la voce. «Siamo incaricati di una missione segreta per conto dell’illustrissimo signor presidente dell’Udienza reale di Panama».

      Don Raffaele sgranò tanto d’occhi e divenne leggermente pallido per l’emozione.

      «Signori» balbettò. «Perché non me lo avete detto prima?»

      «Silenzio e parlate a voce bassa. Noi dobbiamo fingerci avventurieri e nessuno deve sapere chi ci ha qui mandati» disse Carmaux con voce grave.

      «Siete incaricati di qualche inchiesta sull’amministrazione della colonia?»

      «No, di appurare una notizia che interessa assai l’illustrissimo signor presidente. Ah! Ora che ci penso, voi potreste dirci qualche cosa. Frequentate la casa del governatore?»

      «Prendo parte a tutte le feste ed a tutti i ricevimenti signor…»

      «Chiamatemi semplicemente Manco» disse Carmaux. «Dicevo che voi, che frequentate la casa del governatore, potreste darci qualche preziosa informazione».

      «Sono tutto a vostra disposizione. Chiedetemi».

      «Questo non è veramente il luogo» disse Carmaux, sbirciando gli spettatori. «Si tratta di cosa molto grave».

      «Venite a casa mia, señor Manco».

      «Le pareti talvolta hanno delle orecchie. Preferisco l’aria libera».

      «Le vie sono deserte a quest’ora».

      «Andiamo sulla calata, così noi saremo vicini alla nostra nave. Vi spiacerebbe, señor?»

      «Sono ai vostri ordini per far piacere all’illustrissimo presidente. Gli parlerete di me?»

      «Oh! Non dubitatene».

      Vuotarono la seconda bottiglia, pagarono il conto e uscirono, mentre un quarto gallo cadeva sulla tavola, colla testa traforata da uno degli speroni dell’avversario.

      Carmaux e l’amburghese, quantunque avessero vuotato nientemeno che sei bottiglie, pareva che avessero mandato giù dell’acqua; СКАЧАТЬ