I pescatori di balene. Emilio Salgari
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Название: I pescatori di balene

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ correndo poi ad infrangersi con indescrivibile violenza contro la costa americana.

      Per alcuni minuti la montagna, che presentava una punta assai aguzza, ondeggiò spaventosamente, ora tuffandosi e ora risalendo, poi a poco a poco riprese l’equilibrio e si allontanò verso sud sempre scintillante, sempre superba, sempre gigantesca.

      Quello stesso giorno di fronte alla baia Smith, altri due «icebergs», ma di dimensioni più piccole, furono incontrati dal «Danebrog» che navigava sempre in vista della costa americana, dietro le macchie oleose che apparivano ancora numerosissime.

      Il 21 la temperatura discese bruscamente a 7° sotto zero e il vento crebbe di violenza diventando così freddo che i marinai furono costretti a indossare le vesti d’inverno.

      Verso il mezzodì il «Danebrog» entrava fra due lunghissime file di «hummoks», piccoli ghiacci di pochi metri di altezza, staccati senza dubbio da qualche campo di ghiaccio o da qualche grande «iceberg».

      Erano cinque o seicento, arrotondati gli uni, aguzzi gli altri, o scabri, o lisci, o screpolati, che si urtavano rumorosamente frangendosi e che ad ogni istante perdevano l’equilibrio prendendo nuove forme. Il sole, battendovi sopra, dava ad alcuni l’apparenza di zaffiri, ad altri di smeraldi, ametiste e diamanti di grande splendore.

      II «Danebrog» non provò gran fatica ad aprirsi il passo col suo solido sperone di acciaio e spinto da un buon vento se li lasciò ben presto tutti a poppa. Ma tre miglia più innanzi nuovi ghiacci apparvero, più solidi, più grandi e più numerosi dei primi. Li capitanava un gigantesco «iceberg» ai cui piedi nuotavano alcuni narvali, grandi pesci armati da un dente lungo assai e molto aguzzo.

      A rendere ancor più difficile la navigazione, scese dalla costa americana un nebbione fittissimo, il quale in pochi istanti coprì il mare celando agli occhi dei marinai i ghiacci.

      – Hum! – mormorò il capitano che era diventato inquieto. – Se non procediamo cauti, corriamo pericolo di rompere una costola al «Danebrog».

      Fece prendere terzaruoli su quasi tutte le vele per diminuire la velocità della nave, e mise alcuni uomini a prua con dei solidi buttafuori per respingere i ghiacci che potevano danneggiare il bompresso.

      Alle 5 del pomeriggio il nebbione era diventato così fitto che il timoniere non distingueva più l’albero di trinchetto, e i gabbieri dalle coffe a gran fatica discernevano la coperta del bastimento.

      Una viva inquietudine si impadronì dell’equipaggio. Ognuno temeva l’incontro improvviso di qualche «iceberg» che forse in quei momenti navigava a poche gomene e fors’anche a sole poche braccia.

      Di quando in quando agli orecchi degli uomini di guardia giungevano dei forti cozzi, degli scricchiolii e dei colpi sordi come di ghiacci che, perduto l’equilibrio, capitombolano e delle forti ondate venivano ad infrangersi contro i fianchi del «Danebrog» il quale procedeva alla cieca.

      Alle 10, dopo il tramonto del sole, a bordo non ci si vedeva più in là di cinque passi.

      – La cosa diventa seria assai! – disse Koninson al tenente. – Non si sa più dove si va.

      – Questo nebbione non durerà molto, fiociniere – rispose il signor Hostrup. – Appena il sole risorgerà lo dileguerà, io vedrai.

      – Ma prima di domani mattina…

      – Taci!…

      – Che avete udito?

      – Qualche gran ghiaccio naviga presso di noi, Koninson. Non odi questo gridìo?

      Il fiociniere tese gli orecchi trattenendo il respiro. Attraverso la fitta cortina di vapori udì distintamente un acuto gridìo che lentamente si avvicinava, indi un sordo muggito, come il rompersi di una grande ondata contro una costa.

      – Oh! Oh! – esclamò.

      – Vedi nulla? – chiese il tenente.

      – Nulla, signore, ma sento la presenza di un «iceberg». Gli uccelli marini non si riuniscono in gran numero che attorno ad una balena morta o a un grande ghiaccio.

      – Attenzione, timoniere! – gridò il tenente. – E voi, ragazzi, pronti ai bracci delle manovre.

      Il capitano, che stava a poppa accanto al timoniere, accorse a prua. Quasi nel medesimo istante a poche braccia dallo sperone apparve un debole chiarore.

      – Un «iceberg»? – chiese Weimar.

      – Sì, capitano! – rispose il tenente. – E se non m’inganno deve essere colossale.

      – Barra a babordo tutta, mastro Widdeakl – gridò il capitano.

      A prua si udirono alcuni cozzi violenti seguiti da forti crepitii, poi un’onda di considerevole altezza venne a spezzarsi contro lo sperone. Un centinaio di uccelli marini fendette il nebbione e calò sulla nave, credendola forse, fra quell’oscurità, il corpo di una balena.

      – I buttafuori! I buttafuori! – gridò Weimar salendo sul bompresso per meglio vedere.

      Dieci marinai muniti di solidi spuntoni accorsero per respingere l’assalto del formidabile nemico che li minacciava, ma d’improvviso furono rovesciati sulla coperta. Un urto violentissimo era avvenuto a prua e il «Danebrog» era stato respinto.

      Un grido di spavento sfuggì da quasi tutti i petti. Un «iceberg» alto almeno cento metri era sorto dinanzi alla nave dondolandosi spaventosamente.

      – Tutti a prua, perdio! – urlò il capitano che non aveva perduto il suo sangue freddo.

      I marinai, risollevatisi prontamente, si slanciarono colà e spinsero fuori gli spuntoni, alcuni dei quali si spezzarono contro l’«iceberg» che continuava a oscillare formando alla sua base delle forti ondate.

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