Gli ultimi flibustieri. Emilio Salgari
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Название: Gli ultimi flibustieri

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ fuori tutto o perdere tutta la pelle, amico.

      Il ferito masticò a mezza voce una bestemmia, poi, rivolgendosi risolutamente verso Buttafuoco, gli chiese:

      – Che cosa volete sapere, voi?

      – Voglio sapere, mio caro ladro di signorine, dove avete condotto la señorita che siete andato a prendere a nome mio, capite bene, alla posada del Rio Verde, – rispose il bucaniere piccato dall’insolenza del prigioniero.

      – E quando vi avrò detto che l’ho condotta dal marchese di Montelimar, il quale vantava su di lei dei diritti, avendola allevata, che cosa vorreste concludere?

      – Che tu sei il piú grande furfante che io abbia incontrato fino ad oggi, e che io sono un uomo da non lasciarmi intimorire da te, spavaldo.

      – Volete ammazzarmi? Fatelo pure!

      – La morte talvolta è troppo dolce, – rispose Buttafuoco, con voce minacciosa. – Qui siamo isolati e potrei farti subire tali tormenti, da rimpiangere il giorno che sei nato.

      “Sai già di che cosa sono capaci i bucanieri ed i filibustieri, e noi tutti apparteniamo ai terribili Fratelli della Costa, che tanto male hanno fatto ai tuoi compatrioti al di qua e al di là dell’istmo.

      “Se vuoi provare la nostra ferocia, noi siamo pronti.”

      Il ferito, udendo quelle parole, aveva provato un sussulto ed era diventato livido. Solamente il nome dei filibustieri provocava su tutti gli spagnuoli per quanto coraggiosi fossero, un disastroso scoraggiamento.

      – Mi hai capito? – chiese Buttafuoco, dopo qualche istante di silenzio.

      – Sí, señor, – rispose il prigioniero, con meno superbia.

      – Allora risponderai alle domande che ti farò. Chi ti ha dato il mio nome?

      – Il marchese di Montelimar.

      – Da chi aveva saputo che io ero giunto a Panama colla contessina di Ventimiglia?

      – Questo potreste domandarlo a Stiffel.

      – Ah!… Io non so nulla affatto, – si affretto a dire il fiammingo.

      – Il silenzio è d’oro, – sentenziò gravemente Mendoza.

      – Compare Pfiffero è prudente, – aggiunse don Barrejo.

      Il fiammingo approvò con un grazioso sorriso che aveva però molta ironia insieme.

      – Voi, bricconi, non direte mai nulla, o per lo meno direte soltanto ciò che vi potremo strappare dalle labbra, – disse Buttafuoco. – Non giuocate a scarica-barile, perché la pazienza non è mai stata il forte dei bucanieri.

      – Lo sappiamo, – disse il fiammingo.

      – Allora parlate, prima di farvi gettare in mare dopo d’avervi arrostite le piante dei piedi.

      – Aramejo, siamo presi, – ripeté il Pfiffero. – Canta!… Canta!…

      Il preteso figlio del Grande di Spagna assunse un’aria da bravaccio, non ostante la sua ferita che gli doveva dare non pochi dolori, poi, dopo essersi alzati i baffi, chiese:

      – Ebbene, che cosa volete sapere ancora da me? Non ve l’ho già detto che la señorita l’ho condotta dal marchese di Montelimar? Mi pare che basti.

      – E dove? – chiese Buttafuoco.

      – Diavolo!… Nel suo palazzo!…

      – A quale scopo?

      – Ah!… Io non posso conoscere i segreti del mio padrone, – rispose Aramejo. – Mi si danno degli ordini ed io obbedisco senza discuterli.

      “Potrà saperne di piú il mio compagno.”

      – Verrà la sua volta. Dammi ora un’altra spiegazione.

      – Non ne ho altre.

      – Perché ci hai provocati ed assaliti presso la posada del Rio Verde?

      – Perché avevo ricevuto l’ordine di tentare di stoccarvi.

      – Ci conoscevi dunque?

      – Vi avevo seguiti dopo la vostra uscita dalla taverna d’El Moro – rispose lo spadaccino.

      – E tu ti credevi tanto forte da spedirci all’altro mondo, senza lasciarci il tempo di farci firmare il passaporto da compare Belzebú? – disse Mendoza.

      – Speravo e, come avete veduto, mi sono ingannato, perché mi sono presa una magnifica stoccata che per un pelo non ha mandato invece me all’altro mondo.

      – Passiamo ad interrogare messer Pfiffero, – disse il guascone. – Quell’uomo lí deve sapere qualche cosa di piú di questo imprudente bravaccio.

      Il fiammingo sorrise ironicamente, senza darsi la cura di dissimularlo.

      Il terribile guascone, che lo teneva d’occhio, scoppiò come una granata.

      – Ehi, compare Pfiffero! – gridò. – Non ridete sotto i baffi in presenza nostra, corpo di tutti i tuoni della Francia e della Spagna!… Se credete di preparavi a prenderci a gabbo, vi dico subito che il vostro giuoco potrebbe finire malissimo.

      “Rios, accendi il fuoco e scalda un pentolone d’acqua e bada che sia ben calda. Giacché questo Pfiffero m’ha bevuto, senza pagare una piastra, Xeres, Alicante e aguardiente finissimo, se non parlerà chiaro, gli faremo ora trangugiare una bottiglia piena d’acqua bollente e gli cucineremo gl’intestini.”

      – Misericordia!… – mormorò Mendoza, frenando a stento uno scoppio di risa. – Questo don Barrejo è diventato piú feroce d’un cannibale!…

      – Va’, Rios! – comandò il guascone, con un gesto tragico. – Ed ora, signor Buttafuoco, interrogate pure.

      “Lo sorveglio io questo Pfiffero, e guai se s’imbroglia.”

      Il viso del fiammingo era diventato oscuro. Gettò su Buttafuoco una sguardo inquieto, chiedendogli con voce tremolante:

      – Che cos’è dunque che si vuol sapere ora da me? Io non ho avuto alcuna parte nel rapimento della señorita.

      “Prendetevela con Aramejo.”

      – Tu devi saperla piú lunga del tuo compagno, – disse Buttafuoco, – e spero strapparti delle informazioni che ci saranno preziosissime.

      “Il marchese di Montelimar era stato avvertito del nostro arrivo a Panama?”

      – Sí, – rispose il fiammingo, terrorizzato dagli occhi terribili del guascone fissi su di lui.

      – E come?

      – Voi non avevate un compagno?

      – Sí, un uomo che era stato molti anni ai servigi del Gran Cacico del Darien, e che ci lasciò prima di sbarcare sul continente.

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