La principessa romanzo. Jarro
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Название: La principessa romanzo

Автор: Jarro

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ un sapiente: il conte Guicciardi. Di nobilissima famiglia, le cui sostanze si erano molto assottigliate, il conte avea seguito con grande ardore lo studio delle leggi. Era un degno discepolo, a non dir un degno continuatore di quegli esimii giureconsulti della illustre scuola napoletana, alcuni dei quali alla sapienza accoppiarono l’amor di patria, e ne morirono martiri.

      Il conte osservava con molta attenzione la duchessa. Egli non avea mai veduto chiaro in questo processo; sulle prime avea gridato che si faceva ingiustizia a un popolano, a un uomo di umil condizione per adulare la grande aristocrazia napoletana.

      Ma il conte era tanto pusillanime quanto era dotto: e un gentiluomo, ben accetto al Principe, gli susurrò all’orecchio: cessasse dal turbare i colleghi con dubbi che acquistavano autorità perchè da lui mossi: esser giunta al Sovrano la voce della sua discrepanza coi colleghi: e averla S. M. in un colloquio familiare energicamente riprovata: non si compromettesse più oltre.

      Il conte non avea la forza, la virtù di que’ giureconsulti napoletani che avean saputo, per la libera parola, per obbedire alla coscienza, sfidar il patibolo, e salirvi con animo intrepido: e fermò in sè di aver prudenza: in certe congiunture consigliera vilissima.

      Pure, egli ch’avea molti generosi istinti non seppe in tutto acconciar l’animo a quella parte muta, devota, che facea di lui, in fondo, un carnefice.

      Il contegno della duchessa avea ribadito i dubbi del giovane e acuto magistrato.

      Non la perdeva d’occhio un solo istante.

      La smania di scoprire la verità, nient’altro che la verità, in quel punto lo dominava e gli facea dimenticar tutto il resto.

      Avrebbe voluto interloquire; lo riteneva per allora. un leggero riguardo verso il presidente.

      Una o due abili domande avrebber modificato l’esito del processo: Enrica si sarebbe imbarazzata: sarebbe stato facile cogliere in mendacio la giovane duchessa.

      Essa guardava con terrore que’ magistrati, temendo che la sottoponessero alla tortura di un interrogatorio minuto: ma sempre padrona di sè, anche ne’ più spinosi frangenti, si volse con un’occhiata molto significativa all’avvocato della famiglia Squirace, costituitasi parte civile.

      L’avvocato era un vecchio vagheggino, musicista, poeta, e a cui l’occhiata di una donna bastava per incitarlo alle maggiori follie.

      Egli vide scintillare traverso il velo, assai rado, i begli occhi di Enrica: e venne subito in soccorso di lei.

      – Faccio osservare all’onoratissimo presidente, – egli disse, – che la signora duchessa è in uno stato di salute molto precario.

      Enrica era floridissima, dacchè credeva essersi sbarazzata di Roberto e avea accettato il corteggiare del principe di Gorreso, suo fidanzato.

      – Io domando alla Eccellentissima Corte che voglia tener conto trattarsi di una gentildonna giovanissima, vissuta sinora in abitudini verginali, nella castità, nella purezza degli affetti domestici: d’una giovane gentildonna, che ha veduto dar morte, atrocemente, sotto gli stessi suoi occhi, a un amico della sua famiglia: e, credo, a un suo probabile fidanzato.... Essa non è ancor guarita dal colpo che allora riceveva.... L’Eccellentissima Corte insistendo potrebbe cagionare un deliquio, peggiorare le condizioni già gravi della gentildonna: essa è venuta qui accompagnata da suo padre e dal medico della famiglia....

      – La signora duchessa, – tornò a dire il presidente, – conferma, dunque, la sua deposizione scritta?

      – Sì, – rispose nettamente questa volta Enrica che vedeva necessario l’uscir presto da tali angustie, e voleva profittare dell’aiuto portole sì destramente.

      – Ha ella veduto il nominato Roberto Jannacone gettare dal ponticello, detto dell’Inferno, nel parco di Mondrone, il conte di Squirace?

      – Sì.... l’ho veduto! – rispose audacemente Enrica. Roberto teneva il volto nascosto fra le mani; il suo cuore si spezzava negli sforzi ch’egli faceva per contenersi.

      Il conte Guicciardi non potè tacere più a lungo e mormorò al presidente:

      – Nella deposizione scritta manca una parte essenzialissima: la narrazione ragguagliata del modo con cui è avvenuto l’assassinio del conte di Squirace!

      L’avvocato di Roberto si alzava e faceva la medesima domanda.

      Enrica si sentì perder d’animo: que’ momenti erano per lei troppo crudeli.

      Le sembrava che l’espiazione fosse infinitamente più acerba del delitto, anzi de’ delitti, ch’ella aveva commesso per il suo egoismo.

      Sentiva che in quel tribunale essa era, in tal momento, la sola delinquente: e che, se fosse stato saputo tutto il vero, i giudici non l’avrebbero lasciata uscire.

      Enrica, quasi tramortita, teneva gli occhi fissi sul presidente.

      Già, a un cortese cenno di lui, ella si era alzato il velo.

      – La domanda è importante, – insisteva l’avvocato di Roberto. – Ci preme sapere qual era la posizione de’ due uomini: chi era fra loro che attaccava con energia: chi offendeva, e chi soltanto si difendeva.

      Ma già si alzava il vecchio avvocato della parte civile, irruentissimo.

      Era inutile per lui domandare chi attaccasse con maggior energia.... – Tutti abbiamo conosciuto il conte di Squirace: poteva esser coraggioso, ma era debolissimo: guardiamo l’accusato....

      Nacque un battibecco fra’ due avvocati.

      – Si vuol gettare lo scompiglio nella causa – dicea il vecchio avvocato della parte civile, – intimidendo il più importante e autorevole testimone che abbiamo. Si vogliono gettare insinuazioni, dubbii sulla parola di una gentildonna, e di una giovane gentildonna piissima, che ha prestato innanzi ai magistrati il suo giuramento....

      – Perdono, avvocato.... – interruppe il collega.

      – Mi lasci parlare.... Si domandano i particolari di un assassinio a una giovinetta, accorsa al rumore di una zuffa, impaurita, commossa, e che ha veduto, come è naturale, nel suo sbigottimento, un solo fatto, che è innegabile per tutti: quello di un uomo gettato nel mare.... dall’alto di un precipizio!

      L’avvocato di Roberto non era molto avveduto, e dovea portargli egli stesso, non volendo, il colpo forse più funesto.

      – Si parla di chi provocò: di chi attaccò con maggior energia, – disse il precipitoso avvocato, – ma non si è tenuto conto abbastanza di un ragguaglio in questo processo.... Il giovane, che si trova dinanzi a voi come accusato, era stato gravemente percosso nella faccia dal signor di Squirace con uno scudiscio.... Lo scudiscio fu ritrovato presso il ponte: e tutti attestarono aver appartenuto al compianto signore.... L’accusato, che io credo innocente, aveva, nel momento in cui fu arrestato, una ferita nell’occhio destro.... Vedete che il conte provocava, attaccava con energia....

      – E allora, – ripigliò l’altro avvocato, – se ammette tanta provocazione, tanta energia nel conte, in che modo il mio avversario può persistere a credere l’assoluta innocenza del suo cliente! Sì, concediamo la più dura provocazione, per parte del conte; è chiaro che l’accusato, volendo reagire, ha assassinato il gentiluomo nel modo che tutti sanno.... È inutile, dunque, cercar di torturare l’unica testimone che abbiamo, di confonderla, di atterrirla per gettar l’equivoco in un processo che, per noi, è sì limpido.... Questa СКАЧАТЬ