I gatti di Sallustio. Salvatore Algieri
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Название: I gatti di Sallustio

Автор: Salvatore Algieri

Издательство: Bookwire

Жанр: Социология

Серия:

isbn: 9783737521178

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      Fig. 5 – La zona degli Horti Sallustiani –Via Boncompagni e via Calabria segnano il confine tra l’odierno quartiere (più correttamente “rione”) Ludovisi a nord e ilSallustiano

      In nero: Roma di oggi

       in rosso: luoghi di ritrovamento e “Roma sparita”

      1r. Ritrovamento dell’obelisco Sallustiano

      2r. Ritrovamento delle statue egizie

      3r. Tempio della Venere Erycina?

      4r. Ritrovamento del Trono Ludovisi

      5r. Terrazze e sale a colonne

      6. “Ninfeo” di Piazza Sallustio

      7r. Ritrovamento del gruppo gruppo “Artemide e Ifigenia”?

      8r. Ritrovamento della Niobide

      9r. Ritrovamento delle tombe arcaiche

      10r. Tempio della Dea Fortuna?

      11. Palazzo Margherita (già Piombino), oggi ambasciata americana

      12. Palazzo Grande Ludovisi, oggi ambasciata americana

      13. Chiesa parrocchiale San Camillo de Lellis

      14r. Villa Spithöver

      15r. Alta Semita – Porticus miliarensis?

      16. Cisterna sotto il Collegium Germanicum

      17. “Criptoportico”

      * * *

      Nel Cinquecento fiorisce anche la letteratura antiquaria e si moltiplicano le “Guide di Roma” ad uso dei dotti e dei pellegrini. In una di queste scrive Lucio Mauro:

      Il Foro e la casa di Salustio fu presso la chiesa di S. Susanna [in via XX Settembre]; onde fino ad hoggi vi si dice dal volgo, Salustrico: vi ebbe ancho qui Salustio un bellissimo giardino, che si stendeva dalla porta Salara quasi fino alla Pinciana, occupando gran parte di questi colli, e della valle, che è loro nel mezzo.

      Chi si muove oggi in questa zona ha difficoltà a scoprire una “valle”: quando Roma divenne capitale nel 1871 scoppiò una forsennata febbre edilizia, la valle fu quasi completamente colmata (in parte con le macerie delle Mura Serviane) e intensamente edificata con palazzi a cinque-sei piani. La Villa Ludovisi rappresentò il centro di questa distruzione che, d’altro lato, ci ha fatto scoprire innumerevoli testimoni dell’antico splendore romano. Molte pregevoli sculture furono salvate, parecchie furono vendute a musei e collezionisti stranieri (più o meno legalmente). Oggi le si può ammirare a Roma, Copenaghen, Boston, Parigi, Londra o Würzburg. Ma molto è perduto per sempre.

       Suggerimenti bibliografici

      Kim J. Hartswick, The Gardens of Sallust, University of Texas Press, Austin 2004.

      Gino Cipriani, Horti Sallustiani, Istituto Nazionale delle Assicurazioni, Roma 1982.

      Emilia Talamo, Gli Horti di Sallustio a Porta Collina, in: Maddalena Cima, Eugenio La Rocca, Horti romani, L’Herma di Bretschneider, Roma 1998.

      Amato Pietro Frutaz, Le piante di Roma, 3 volumi, Istituto di studi romani, Roma, 1962.

      Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Carta Archeologica di Roma, Tavole II e III, Istituto Geografico Militare, Firenze, 1964 e 1977 (Testo e piante 1:2500).

      5. Venere Ericina

      Un edificio degli Horti Sallustiani di cui s’incontra spesso menzione nella letteratura latina è il tempio di Venere Ericina. Questo tempio era, in un certo senso, una “dépendance” del più famoso tempio di Venere, quello sul monte Erice in Sicilia. A Roma dovevano esserci diversi templi dedicati a Venere nella zona degli Horti Sallustiani. Erano conosciuti sotto diversi nomi: “Venere degli Horti Sallustiani” e “Venere Ericina”; se, in realtà, questi nomi indicavano templi diversi non è chiaro. Nella storia degli horti si trova spesso come tema ricorrente un legame tra i templi di Venere e il culto di Flora, dea della fioritura. Come accade spesso nell’antica mitologia, le tradizioni di diversi culti vengono un po’ mescolate ed è oggi difficile capire quali elementi del culto appartenessero a quale dea. In ogni caso le prostitute consacrate alla dea appaiono come elemento chiave di ambedue i riti.

      Nella pianta di Roma di Leonardo Bufalini del 1551 (Fig. 3) sono indicati i resti dell’edificio che ancora oggi si può vedere nel mezzo di piazza Sallustio e accanto l’iscrizione: Ludi Frolares (dovrebbe essere Florales) Meretricium nudarum, festa di Flora e delle nude prostitute. Lucio Mauro riporta nel 1556:

      …si vede una valletta, che fu il circo di Flora, dove le corteggiane ignude celebravano i giuochi Florali.

      A quel tempo si pensava ancora che in questa valle si trovasse un cosiddetto “circo di Flora” dove in passato si celebravano questi ludi. L’idea di una qualche struttura simile a un circo derivava forse dalla forma di questa valle sui cui lati lunghi si potevano ancora vedere i resti di terrazze e muri di sostegno (Fig. 6). Sulla festa di Flora che si celebrava dal 28 aprile al 3 maggio si trovano notizie nella letteratura latina: Valerio Massimo riporta che la rappresentazione delle prostitute in costume evitico scandalizzò il pudico Catone (il Giovane) che preferì allontanarsi dallo spettacolo per non imbarazzare i presenti. Solo dopo che Catone era andato via, la festa poté riprendere.

      Fig. 6 – Il Circo di Flora, dalla pianta di Roma di Johannes Blaeu, 1663 (versione di Pierre Mortier, 1704). A. L’odierno “ninfeo” di Piazza Sallustio. – B. Mura di sostegno del Quirinale. – C. Scritta “Vestigi del Circo di Flora”. – D. I giardini di Villa Ludovisi.

      Anche le celebrazioni per la Venere Ericina trovano diversi riscontri nella letteratura latina; molto nota era la festa che ricordava il giorno della consacrazione del tempio, il 23 aprile. Durante questa festa veniva servito il vino nuovo e, con la solita mescolanza di tradizioni, si parlava di questa festa anche come Vinalia. Ma c’è di peggio: per molti era questa una festa in onore di Giove. Ovidio cerca di dipanare un po’ la matassa nei suoi Fasti (un discorso poetico sul calendario romano): per il 23 aprile ci racconta una bella storia su Enea. Ma già bastano i primi versi per dare un’idea dell’atmosfera di questa celebrazione:

       Voi fanciulle di facili costumi celebrate il potere di Venere, la dea favorisce i guadagni della vostra professione. Offrite incenso e pregate per il benvolere della gente, che siate affascinanti e capaci di brillante conversazione. Offrite alla dea il mirto e la menta che lei così ama e intrecciate rose nelle corone di giunchi. Ora è il tempo per accorrere a schiere al suo tempio vicino a Porta Collina che ha preso il suo nome dall’altura siciliana.

      Il tempio della Venere Ericina era veramente nell’area degli horti? Se i giardini erano effettivamente appartenuti a Cesare prima di passare a Sallustio, non ci si dovrebbe meravigliare se Cesare avesse avuto una speciale venerazione per la dea, in fin dei conti la stirpe Giulia discendeva da Enea ed Enea era figlio di Venere. Per diversi СКАЧАТЬ