Saving Grace. Pamela Fagan Hutchins
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Название: Saving Grace

Автор: Pamela Fagan Hutchins

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Зарубежные детективы

Серия:

isbn: 9788835429616

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      Si guardò intorno cercando un secondo bicchiere, ma avevo bevuto da sola. Collin iniziò a mettere a posto il casino.

      “Collin, ci penso io,” dissi.

      “No. Vai a darti una rinfrescata,” disse. “Ti porto a fare colazione. È un ordine.”

      Lo guardai con i miei occhi tristi. Indossava i soliti jeans 501 con una maglietta della Hooters, e sprizzava la frase Io non ho problemi da tutti i pori. Non volevo fare colazione con lui. Volevo mettermi in posizione fetale. Volevo dormire e stare da sola. Volevo stare così ferma da non esistere più.

      Mi guardò mentre rimanevo immobile sul divano e qualcosa gli fece mettere giù la mia roba e venire lì da me. Prendendomi la mano, mi mise in piedi. Trattenne il mio corpo rigido in un abbraccio da orso, dondolandomi piano per qualche secondo. Oh oh. In un primo momento, provai a trattenermi, ma poi mi ripiegai su di lui e iniziai a singhiozzargli sulla spalla. Dal singhiozzare passai a tirare su col naso, poi iniziarono i gemini e dopo i vennero i respiri irregolari. Mi inclinò la testa all’indietro mettendo il pollice sotto al mio mento e mi guardò negli occhi, scrutandomi.

      “Vai a farti una doccia calda. Mangiamo in posto tranquillo, ma esco — con te in macchina — tra venti minuti.” Mi diede una pacca sulla spalla. “Hop hop. Sai che se devo ti vengo a prendere nella doccia. Non costringermi a farlo.”

      Con una spinta leggera, mi spedì in fondo al corridoio, al bagno, da dove lo sentii mentre ricominciava a mettere a posto. Le lacrime mi scorrevano sul naso e sulle guance. Cavoli, avrei dovuto bere litri e litri d’acqua a colazione; visto il ritmo del mio pianto e la quantità di vodka che avevo bevuto la sera prima, ero ad un passo da un violento mal di testa per disidratazione.

      Quarantacinque minuti dopo, ci sedevamo all’IHOP di Mockingbird Lane. Da sempre uno dei nostri posti preferiti da bambini, oggi notai che aveva molte rifiniture arancioni nell’arredamento, e per questo iniziò a piacermi meno. Collin mi sorprese quando chiese un tavolo per tre, ma non avevo le energie per fare domande. Capii solo quando vidi i capelli da sfilata di Emily all’entrata. Camminò verso di noi nei suoi pantaloni plissettati blu notte e la sua camicetta in seta gialla, stretta alla vita da una cintura in pelle che si abbinava ai tacchi marroni.

      “Ciao, Katie.” Mi guardò per un secondo, poi distolse lo sguardo.

      Alzai la mano in segno di saluto. Ottimo. Un’altra persona a vedermi in questo stato. Avevo evitato di fermarmi davanti allo specchio a casa, ma la rapida occhiata che avevo dato mi era bastata. Una coda di cavallo bagnata. Dei vecchi pantaloni della tuta e una maglietta. Occhi gonfi e giallastri. Bleah.

      Evitammo di parlare, guardando ognuno il proprio menù, fino a che la cameriera di mezza età, che avrebbe dovuto indossare un’uniforme di una taglia in più, non venne a prendere l’ordine. I muscoli dello stomaco mi si strinsero mentre se ne andava. Quasi la richiamai indietro per farle togliere il succo d’arancia dal mio ordine, ma non lo feci. Perché ritardare l’inevitabile. Collin ci aveva riunito per un motivo e, per quanto spiacevole, la cosa stava per venire fuori.

      “Emily ed io abbiamo parlato, e mi ha raccontato cosa ti sta succedendo,” Collin.

      Speravo che Emily avesse omesso alcuni dettagli, ma non potevo incolparla per avere la mia salute a cuore. O per aver spettegolato con Collin. Era un poliziotto, aveva seguito la scia di nostro padre, e c’era testimone che non riuscisse a far crollare, gli piaceva dire.

      Collin continuò a parlare. “Siamo preoccupati per te. Sei nei casini. Ti stai facendo del male.”

      Volse lo sguardo ad Emily in cerca di una conferma e lei abbassò lo sguardo verso il copritavolo in formica. Conoscendo Collin, l’aveva trascinata in questa piccola sessione di terapia e, conoscendo Em, era venuta a malincuore. Emily era spigliata, ma dare ordini non era il suo stile.

      Non avevo le forze di contrariare Collin e, sinceramente, non ero neanche in disaccordo con lui. Ero un disastro in questo momento, senza dubbio. Mi aveva presa in uno di quei rari momenti in cui la parte di me senza peli sulla lingua non era lì a difendere la parte più fragile. Probabilmente era ancora stravaccata sul divano a riprendersi dalla sbornia.

      “Hai ragione,” ammisi. Queste parole erano come polvere sulla mia lingua secca. “Devo rimettermi in sesto.”

      “Penso tu debba andare in un centro di disintossicazione.” Le parole di Collin erano forti, anche perché non c’è un modo per addolcire l’espressione “centro di disintossicazione”.

      Quindi era così che si era sentita Amy Winehouse. E adesso era morta. Questo mi diede da pensare. Però io non ero Amy Winehouse.

      “Sto passando un brutto periodo, sì, e sto bevendo troppo, ma solo da alcune settimane. Non penso sia il caso di mandarmi in un centro.” Il solo pensiero di dover parlare dei miei problemi con tutti quegli alcolisti mi faceva sentire claustrofobica. Gli Alcolisti Anonimi forse aiutano la maggior parte delle persone, ma io non sono una ragazza da lavori di gruppo. E poi, non ero un’alcolista.

      “Queste ultime tre settimane sono state particolarmente dure, ma sei su questa strada da molto più tempo.” disse Collin. “Tipo un anno. Riesci a ridurre o smettere? Scommetto che ci hai già provato, vero?” Evitavo il suo sguardo. “E scommetto che non ha funzionato.”

      No, stronzo, non ci ho provato stavo per dire. Stavo per. Invece, dissi, “Non ci ho provato. So che posso, quando sarò pronta.”

      Arrivò la mia omelette al formaggio, ma non avevo fame. Nessuno di noi toccò il proprio cibo.

      “Ammetto che avrei dei problemi a farlo qui a Dallas, anche se ci provassi. Quando ci proverò. Ma so che, se riuscissi a mettere in pausa la mia vita per qualche settimana, potrei tenere tutto sotto controllo. Sono disposta a cominciare da qui. I centri non fanno per me. Forse se un giorno mi trovaste a dormire in un cassonetto allora sì, ma non adesso.”

      “Va bene. Ti darò una possibilità, fanne tesoro. Hai in mente qualcosa?” chiese Collin.

      Inspirai tutta l’aria che potevo, per poi sforzarmi a espirarla tutta, fino a quando il mio stomaco non crollò. “St. Marcos. Ho bisogno di superare ciò che è successo a mamma e papà.” Iniziai a piangere, poi mi trattenni. Aprii la bocca per parlare e le lacrime iniziarono a sfociare di nuovo.

      “Ne sei sicura?” chiese Collin.

      Annuii e usai la parte pulita del tovagliolo per asciugare le lacrime. Come alzai lo sguardo, una giovane donna nera attirò la mia attenzione, un po’ perché mi stava fissando, e un po’ perché era scalza all’IHOP e i suoi vestiti sembravano di centocinquanta stagioni fa. Ora, lei aveva un problema. Droga, a quanto sembrava. Un’ottima candidata per un centro di disintossicazione. Non io. Mi asciugai gli occhi di nuovo e quando li aprii, non c’era più. Niente di niente. Stavo impazzendo. Deglutii.

      Avevo un disperato bisogno di andarmene. Questo viaggio, questa disintossicazione in solitaria o periodo sabbatico o qualunque cosa fosse, sarebbe stato una manna dal cielo.

      E così concordammo che sarei partita. Immediatamente. Tipo, domani. Porca miseria. Un po’ prima di quanto avevo previsto, ma Collin insistette, e Emily promise di aiutarmi a renderlo possibile. Collin mi fece promettere con una stretta di mano, quando mi riaccompagnò all’appartamento, e Emily era proprio dietro di noi a testimoniare.

      Emily ed io ci presentammo a lavoro alla Hailey & Hart a metà mattinata, dopo СКАЧАТЬ