Название: Lo Spirito Del Fuoco
Автор: Matteo Vittorio Allorio
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Современная зарубежная литература
isbn: 9788893985468
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Era fantastico. Nella parte interna, una soffice e candida pelliccia bianca rendeva quel mantello unico.
«Se lo vuoi, lo tiro giù!».
A quelle parole, il primo impulso fu quello di urlare con eccitazione un sì che avrebbe fatto voltare l'intera via, ma tremante, si calmò deciso a scegliere il meno bello.
Anche se catturato dalla straordinaria bellezza del mantello sapeva, perché non serviva essere un esperto per capirlo, che quello era uno dei pezzi più pregiati della collezione. Era troppo per lui ma rifiutarlo significava offendere il mezzo uomo. Indeciso sulla risposta, si bloccò.
Non ebbe neanche il tempo di pensarci che Gult glielo tirò giù aprendoglielo davanti per farglielo ammirare nel dettaglio.
Era un capolavoro, non poteva accettarlo.
Con timore, perso tra le fattezze del capo, passò la sua piccola mano tra la folta pelliccia rimanendone estasiato. Morbida da sembrar finta e a dir poco unica nel suo genere. Posò poi lo sguardo sul cappuccio, anch’esso nero all’esterno e rivestito all’interno. Liscia come il ghiaccio, la parte esterna era ricoperta, come tutto il mantello, dalle incomprensibili decorazioni lattescenti. Una però brillava più delle altre. La testa di un grosso orso con le fauci spalancate era ricamata in modo più marcato dove le mascelle seguivano la forma del cappuccio. Il ricamo dava così l’impressione che il possente animale mordesse la testa di chi lo indossasse. Un lavoro d’alta scuola, opera solo di un professionista.
«Orso bianco» spiegò Gult.
Jack, perso nei fantastici dettagli.
«È rivestito con pelle d'orso bianco di Fenov». Si fermò un istante voltandosi verso l’angolo opposto della bancarella, dove un paio di individui incappucciati si erano fermati per ammirare i suoi capolavori.
«Qui sotto non soffrirai mai il freddo. La parte esterna, quella nera, è costituita da una speciale stoffa imbevuta nel grasso dell’animale che la rende completamente impermeabile. La pelliccia ti scalderà quando ne avrai il bisogno e ti isolerà dalle alte temperature senza che tu debba cambiare mantello». Continuò fiero il mercante.
«È un’opera d’arte…», si limitò Jack, senza parole.
«Non ti resta che provarlo, amico mio!» gli suggerì Gult, posandogli la grossa e pelosa mano sulla testa.
Fu un secondo. Ritirandola, il mercante involontariamente si portò via il cappuccio lasciando così il giovane con il viso scoperto.
In quell'istante, tutto perse colore. Paralizzato, Jack barcollò con gli occhi spalancati. Le parole di Santos ormai tuonanti nella sua mente.
Era successo tutto quello che non doveva accadere e, bloccato dalla paura che qualcuno potesse notarlo, iniziò a sudare.
«Tutto bene, ragazzo?».
Jack, in preda al panico, non rispose ormai sul punto svenire.
Qualcosa gli pizzicò fortemente il petto.
«Sì!» esclamò velocemente tirandosi su il cappuccio. Boris, che fino a quel momento era rimasto in disparte, era intervenuto per aiutarlo.
«Accetta le mie scuse, non era mia intenzione metterti a disagio», si sbrigò a scusarsi il mercante dispiaciuto.
Il giovane non sentì. Qualcosa lo aveva destabilizzato nel profondo, una sensazione nuova e tremendamente spiacevole. Per una frazione di secondo aveva sentito un forte impulso provenirgli dalle viscere, talmente rapido da accorgersene a malapena. L’impulso di uccidere.
«Alle tue spalle c’è un piccolo camerino, provalo pure», continuò Gult cercando di cambiare discorso.
Jack annuì ancora affannato, invaso dalla paura che il mercante o chiunque altro tra la folla lo avesse riconosciuto.
Santos era scomparso ormai da una trentina di minuti e di lui, ancora nessuna traccia.
Il giovane si voltò lentamente. Alle sue spalle un rudimentale camerino. Composto da quattro assi di legno grezzo piantate nel terreno e ricoperte da due grossi teloni, poteva essere il giusto luogo dove ritrovare la calma.
Provò ad alzarsi dallo sgabello ma il dolore lo fece sussultare. Stringendo i denti e poggiando il meno possibile il piede dolorante a terra, raggiunse il camerino per poi tirarsi alle spalle i lunghi e spessi teli.
Finalmente, si ritrovò solo.
Si sfilò veloce il sudicio mantello di dosso e respirò a pieni polmoni. La paura e l’ansia lo stavano ancora facendo ribollire.
Passò le mani tra i folti e ondulati capelli neri impregnati dal sudore e il senso d'oppressione lentamente iniziò a svanire. Appiccicati gli uni agli altri, gli impiastrarono entrambe le mani. Piegò la schiena in avanti e ripeté il gesto con più convinzione. Così facendo, i capelli si aprirono disordinati prendendo aria.
Poi mise la mano nel piccolo taschino interno del mantello poggiato a terra, senza però trovarci nulla.
Boris era sparito.
Fece un gran respiro guardandosi intorno.
Il sollievo trovato nel togliersi la sudicia veste di dosso lo aveva già abbandonato.
Stavano capitando tutte a lui, una dietro l’altra.
«Cerca di calmarti!», lo rimproverò serio Boris sbucando da sotto i lunghi teli del camerino.
Jack si lasciò andare in un lungo sospiro di sollievo.
«Ma dov'eri finito?»
Ricordava il forte pizzico sul petto pochi istanti prima.
«Ti avviso ragazzo, non osare più gettarmi a terra come fossi uno straccio!».
Nella frenesia di levarsi da dosso quella stoffa opprimente si era totalmente dimenticato di lui.
«Ti chiedo scusa, non volevo mancarti di rispetto», si affrettò dispiaciuto.
Vedendolo in quello stato, con i capelli arruffati e visibilmente scosso, Boris scoppiò a ridere di gusto spiazzandolo del tutto.
«Smettila con queste smancerie, stavo scherzando!», continuò il folletto massaggiandosi la folta barba dalle zone ancora bruciacchiate.
«Comunque, dobbiamo lavorare ancora molto sul tuo autocontrollo. Non puoi permetterti di reagire in questo modo e per tutti gli dei, finiscila di comportarti come una ragazzina!».
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