Название: Regno Diviso
Автор: Джек Марс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Триллеры
isbn: 9781094305028
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Yisrael sorrise, ma il gesto non raggiunse gli occhi. “Che pena. Sono morti per soldi.”
“Meglio dei tuoi,” disse Eddie. “Che muoiono per una favola.”
D’un tratto, un uomo alto con un caffettano bianco ebbe una pistola in mano. Era ampio, scurissimo, con mani molto grandi. Puntò la pistola dritta alla testa di Eddie.
“Allah proibisce tali parole!” gridò, e per un istante Eddie pensò che potesse davvero tirare il grilletto. Parole. Quell’uomo avrebbe ucciso e sarebbe morto per mere parole. Be’, nel caso, almeno sarebbe stata una cosa… sbrigativa.
Ma un secondo dopo tutti gli uomini di Eddie avevano estratto le pistole. La canna di una si trovava a due centimetri dal cuoio capelluto di Yisrael. E gli uomini di Yisrael avevano estratto le loro. Pistole puntate ovunque nella stanza, una foresta di pistole. Ecco quello che si beccava Eddie per aver cercato di parlare con quella gente.
“Puoi recuperare i soldi o no?” disse.
Yisrael si appoggiò allo schienale della sedia e sorrise. Adesso sembrava rilassato. Forse non riusciva a rilassarsi a meno che non ci fosse omicidio nell’aria. “Penso che non siamo messi tanto male quanto credi. Trecentocinquanta milioni di naira, e per il momento tu ti tieni la testa sul collo. Mi pare un accordo meraviglioso per te. Non ti divertiresti a incontrare i miei amici.”
Eddie scosse la testa. “Dollari,” disse. “Un milione di dollari americani.” Sorrise ancora, ma il gesto non parve autentico. La gente come Yisrael sapeva proprio rovinarti il buonumore.
“Sono cittadino del mondo. A che servono a uno come me le naira?”
CAPITOLO DIECI
14:05 ora della costa orientale
Studio Ovale
Casa Bianca, Washington DC
“Proprio non ci credo che facciamo questa riunione,” disse Susan.
Non disse quello che pensava dentro di sé: Che voglia di torcere il collo a Stone.
Invece guardò Kat Lopez, appollaiata su una sedia dall’alto schienale dall’altra parte del salottino dello Studio Ovale. Kat sembrava fresca e rilassata. Come Kurt Kimball, Kat era un coniglietto della Duracell – andava avanti e avanti e avanti.
“Dammi i dettagli,” disse Susan.
“RAS,” disse Kat. “Ritorno Alla Saggezza. Più di trentamila membri per tutti gli Stati Uniti, e i numeri sono in crescita. Il quartier generale si trova qui a Washington, e hanno un dedito pool di donatori in tutti gli Stati Uniti, soprattutto tra i benestanti della Bible Belt. Sono stati fondati e originariamente finanziati dal magnate di mais del Midwest Nathan Davis. Come lobby la loro influenza sta crescendo, soprattutto tra i conservatori del Congresso. Hanno raccolto e speso più di quindici milioni di dollari nell’ultimo anno fiscale, senza contare altri milioni, dai cinque ai dieci, raccolti dal loro braccio no-profit, la Fondazione americana per l’educazione della famiglia.”
“E Lucy?” disse Susan.
“Lucy Pilgrim,” disse Kat senza esitare. “Attuale presidente dell’organizzazione RAS. Sessantasette anni. Lucy è stata una hippy e un’attivista politica in gioventù – contraccezione, ambientalismo, antinucleare. Nella metà degli anni Settanta lei e un gruppo di seguaci si sono recate a Central Park in topless ogni domenica per tre estati di fila. Se potevano farlo gli uomini, potevano farlo anche le donne.”
Kat fece una pausa.
“Un po’ per uno…”
“Giusto,” disse Susan quasi ridendo. “Non fa male a nessuno. Era intelligente. Lo sai tu o ce l’hai negli appunti?”
Kat scrollò le spalle. “Ho saputo di Lucy al college. Studi sulle donne. Una volta è venuta a parlare.”
Susan scosse la testa. “È un fenomeno.”
Kat sollevò una mano. “A un certo punto, Lucy dev’essere diventata religiosa. O magari un lato religioso l’ha sempre avuto ma non ha mai avuto troppa voglia di parlarne. Comunque è presidente della RAS da otto anni. Si dice che nel prossimo futuro darà le dimissioni. Le è stata diagnosticata una forma aggressiva di malattia di Parkinson, due anni fa. Pare che la cosa non l’abbia rallentata per niente, ma dovrebbe avere chiaro che forse dovremo accordarci con un’anatra zoppa.”
Susan puntò il suo sguardo più severo su Kat. “Non dovremo accordarci per niente, Kat. Che accordi dovremmo fare? Questa è un’organizzazione che vuole che le donne americane restino a casa a fare altri bambini, ho ragione? Per via di un’idea errata sull’esclusione degli immigrati?”
Kat annuì. “Dubito che loro la metteranno così, ma sì, più o meno.”
Susan scrollò le spalle. “Teniamo questa riunione per fare un favore al vicepresidente e nient’altro. Finiamola presto così possiamo andare avanti con il resto della giornata.”
Kat andò all’ampio monitor della tv a circuito chiuso appeso alla parete e lo accese. Era un pugno in un occhio, ma rendeva comodo comunicare con il vicepresidente Stephen Lief. Si trovava lì dall’insediamento di più di un mese prima. Ma da allora Susan aveva cominciato a pensare che lei e Stephen dopotutto non avrebbero comunicato poi tanto. Un attimo in carica, e aveva subito cominciato a oltrepassare i suoi confini.
La faccia occhialuta di Lief apparve sullo schermo gigantesco; era seduto nello studio del piano di sopra dell’Osservatorio navale. Lo studio di Susan. Argh. Che fastidio. Lo studio era la sua stanza preferita della casa migliore che avesse mai avuto. Lui se ne stava lì come se quel posto fosse di sua proprietà.
Stone!
Poteva biasimare Luke Stone per Stephen Lief. O poteva biasimare se stessa per esserci stata. O poteva biasimare la biologia umana e le endorfine dell’amore rilasciate dall’intimità fisica – facevano perdere al cervello le capacità di ragionamento.
Susan conosceva Stephen da molto. Quando lei era al Senato, lui era la leale opposizione dall’altra parte della navata, un conservatore moderato, mediocre – cocciuto ma non pazzoide. Ed era un uomo gentile.
Ma era anche del partito sbagliato, e per questo lei si era beccata molte critiche accese dagli ambienti liberali. Era un possidente terriero aristocratico, di famiglia ricca – uno della Mayflower, la cosa più simile alla nobiltà che avesse l’America. A un certo punto, pareva che avesse pensato che diventare presidente fosse suo diritto di nascita. Non certo il tipo di Susan; gli aristocratici che si credevano dei privilegiati tendevano a mancare del tocco comune che aiutava a connettersi con le persone che, ipoteticamente, si dovevano servire.
Dimostrava quanto Luke Stone le fosse entrato dentro anche solo che avesse preso in considerazione Stephen Lief. Era stata un’idea di Stone. Ricordava il momento preciso in cui gliene aveva parlato. Erano stesi insieme nel grande letto presidenziale. Lei stava riflettendo ad alta voce sui possibili candidati alla vicepresidenza, e Stone aveva detto:
“E perché non Stephen Lief?”
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