Il Sorriso Perfetto. Блейк Пирс
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Название: Il Sorriso Perfetto

Автор: Блейк Пирс

Издательство: Lukeman Literary Management Ltd

Жанр: Зарубежные детективы

Серия:

isbn: 9781094310718

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      La verità era che non aveva davvero solo bisogno di una corsa o di un po’ di aria fresca. Voleva fare un altro giro negli ospedali della zona per vedere se vi si fosse presentato qualcuno che potesse corrispondere alla descrizione di suo padre, dopo l’ultima volta che aveva controllato, prima di essere rinchiusa in quella casa di sicurezza. Il suo collega, il detective Ryan Hernandez, avrebbe dovuto tenerla aggiornata su questo, ma dato che ultimamente non era riuscita a mettersi in contatto con nessuno, lui compreso, non aveva idea se avesse avuto o meno successo nell’impresa.

      Jessie era piuttosto sicura che l’agente federale fosse a conoscenza delle sue reali intenzioni, ma questo non serviva a limare la sua irritazione. Stava dando di matto, così imprigionata in quella casa. E anche se sapeva che la tenevano lì per sua personale protezione, aveva raggiunto i limiti della sua pazienza, soprattutto dopo il sogno della scorsa notte. Decise che qualcosa doveva cambiare. E c’era un solo modo perché questo accadesse.

      “Voglio vedere il capitano Decker,” disse con fermezza.

      L’agente parve riluttante a rispondere, sperando forse di ignorare quella richiesta come aveva fatto con le altre. Ma ovviamente non poteva. Jessie non poteva costringerli a permetterle di andare a fare una passeggiata o a fare un salto al negozio di alimentari. Ma se faceva richiesta formale per vedere il suo capo, e la cosa poteva essere disposta con facilità, il servizio non poteva rifiutarglielo.

      Lentamente e con volto accigliato l’agente alzò una mano e parlò nel dispositivo di comunicazione che teneva attaccato al polso.

      “Ghiandaia loquace richiede una seduta autorizzata. Avvisare prego.”

      Mentre Jessie aspettava la risposta, rimase in silenzio, decidendo di non commentare il nome in codice non proprio gradito che le avevano assegnato.

      *

      Novanta minuti dopo si trovava seduta in una piccola sala riunioni in un angolo tranquillo della Stazione di Polizia nel centro di Los Angeles, in attesa che il capitano Decker la raggiungesse. L’agente federale di nome Murph, che l’aveva accompagnata lì da casa sua, stava in fondo alla stanza, chiaramente ancora scocciato di doversi trovare lì.

      La procedura per arrivare a quel luogo, generalmente noto come Stazione Centrale, era stata complessa. Dopo aver ricevuto autorizzazione formale per il viaggio da parte di Corcoran, si era dovuto mettere insieme un team e scegliere un percorso. Buona parte della cosa era stata preventivamente programmata, ma si dovevano selezionare le scelte definitive.

      Diedero a Jessie istruzioni di indossare una parrucca e un berretto infilato in testa e tirato fino agli occhi. Poi il veicolo, guidato da un agente di nome Toomey, con Murph nel sedile del passeggero, era partito. Una seconda auto, con due altri agenti a bordo, seguiva a distanza. Due ulteriori agenti erano rimasti alla casa per tenerla in sicurezza.

      Anche se era metà mattina e il traffico era praticamente leggero, con tutte le doppie svolte e le inversioni di marcia, c’erano voluti quarantacinque minuti ad arrivare. Una volta giunti alla stazione, l’auto era entrata nel garage ed erano dovuto restare tutti lì fino all’avviso di via libera da parte di due poliziotti, che non avevano idea di quello che stavano facendo, se non che stavano seguendo ‘ordini dall’alto’.

      Solo allora Jessie era stata condotta attraverso un ingresso laterale, sempre con parrucca e berretto in testa, e un enorme giubbotto con il colletto tirato su del tutto per mascherare la sua effettiva stazza e il collo, che avrebbe potuto rivelare il suo sesso. Fu trattenuta in diversi punti, aspettando ogni volta che i corridoi si facessero sgomberi per poterla far passare.

      Quando finalmente era arrivata alla sala riunioni, Murph l’aveva seguita dentro, mentre Toomey era rimasto di guardia alla porta. Dato che Toomey era sul metro e novantacinque e pesava probabilmente cento chili, con la testa completamente rasata e un perenno cipiglio in volto, Jessie dubitava che qualcuno avrebbe tentato di entrare senza permesso. Uno dei restanti agenti federali aspettava fuori dall’ingresso, nel passaggio che conduceva dal garage all’edificio, e il quarto percorreva lentamente il perimetro dell’edificio in auto, tenendo d’occhio la situazione e controllando che non ci fosse niente di insolito.

      Jessie cacciò giù il senso di colpa per essere la causa di tutto quel procedimento. Sapeva di aver appena speso probabilmente migliaia di dollari dal denaro dei contribuenti statali, per una richiesta petulante. Ma c’era di più. Se fosse riuscita a portare il capitano Decker ad appoggiarla nel suo piano, il costo di quel breve tragitto in auto avrebbe potuto essere più che ripagato. Ma prima doveva convincerlo.

      “Sai,” disse Murphy sottovoce dall’angolo in cui si trovava, parlando per la prima volta da quando erano entrati nella stanza. “Stiamo davvero tentando di tenerti al sicuro. Non sei tenuta a metterci i bastoni tra le ruote in ogni cosa che facciamo.”

      “Non sto tentando di mettervi i bastoni tra le ruote,” insistette Jessie. “Sto cercando di dare una mano. E nonostante quello che il tuo capo possa pensare, sono in un’ottima posizione per farlo.”

      “Cosa intendi dire?” chiese l’uomo mentre la porta della stanza si apriva e il capitano Decker entrava.

      “Stai per scoprirlo,” gli promise Jessie.

      Il capitano Decker, che sembrava senza fiato e infastidito, le lanciò un’occhiataccia. Non ancora sessantenne, ma dall’aspetto ben più vissuto, il capitano della Stazione Centrale era alto e magro, con solo pochi ciuffi di capelli su un’altrimenti totale calvizie. Il suo volto era solcato da rughe sviluppate in anni di lavoro stressante. Il naso appuntito e gli occhi piccoli e tondi le ricordavano un uccello sempre a caccia di una possibile preda.

      “Tutto bene, capitano?” gli chiese Jessie. “Sembra che sia venuto qui di corsa.”

      “Quando ti dicono che la tua profiler forense, che dovrebbe essere nascosta sotto l’ala della protezione testimoni, è in fondo al corridoio, ti viene da camminare con passo un po’ affrettato. Vorrebbe dirmi cosa c’è di così importante da obbligarmi a venire in questo angolo della stazione dimenticato da Dio, dove c’è più amianto che ossigeno nell’aria?”

      Con la coda dell’occhio, Jessie scorse Murph che, a disagio, spostava il peso da un piede all’altro. Sorrise tra sé e sé. L’uomo ancora non conosceva il dono che Decker aveva per le esagerazioni.

      “Assolutamente signore. Ma prima di farlo, posso chiederle come vanno le cose con la ricerca di… tutti?”

      Decker sospirò pesantemente. Per un secondo parve potesse non rispondere, ma alla fine si accomodò sulla sedia di fronte a lei e parlò.

      “Non particolarmente bene, a dire il vero,” ammise. “Sa che il primo giorno abbiamo catturato un fuggitivo del DNR, Jackson. Ne abbiamo preso un altro, Gimbel, un paio di giorni dopo. Ma da allora, nonostante le decine di piste credibili, non abbiamo avuto nessuna fortuna nel trovare gli altri due, né Crutchfield, né Cortez.”

      “Pensa che siano tutti insieme?” chiese Jessie, già sapendo che per il servizio federale la risposta era no.

      “No. Abbiamo visti i video della sorveglianza di Stokes e De La Rosa vicino all’ospedale quando sono evasi, ed erano ciascuno per la propria strada. Non abbiamo trovato nessun video di Crutchfield e Cortez, ma la teoria di lavoro è che siano ancora insieme.”

      “Mmm,” disse Jessie. “Se solo aveste una specie di risorsa umana che abbia familiarità con entrambi gli uomini e potesse offrire degli indizi sui loro probabili schemi comportamentali.”

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