Название: Giuramento Fraterno
Автор: Морган Райс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Героическая фантастика
Серия: L’Anello Dello Stregone
isbn: 9781632911995
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Quando svoltarono a un angolo Godfrey sollevò lo sguardo davanti a sé e vide esattamente ciò che stava cercando: lì in lontananza un gruppetto di uomini stava uscendo da un edificio di pietra, spingendosi a vicenda e litigando mentre la folla si raccoglieva attorno a loro incitandoli. Tiravano pugni e barcollavano in un modo che Godfrey subito riconobbe: ubriachi. Pensò che gli ubriachi erano fatti allo stesso modo in ogni parte del mondo. Era una confraternita di folli. Scorse una piccola bandiera nera che sventolava sopra l’edificio e capì all’istante di cosa si trattava.
“Lì,” disse Godfrey come se stesse guardando una mecca sacra. “Ecco cosa vogliamo.”
“La taverna dall’aspetto più pulito che abbia mai visto,” disse Akorth.
Godfrey notò la facciata elegante e si sentì incline ad essere d’accordo con lui.
Merek scrollò le spalle.
“Tutte le taverne sono uguali una volta che ci sei dentro. Sono sicuramente ubriachi e stupidi qui come in qualsiasi altro posto.”
“Il mio genere di gente,” disse Fulton leccandosi le labbra come se stesse già guastando la birra.
“E come intendete arrivarci?” chiese Ario.
Godfrey abbassò lo sguardo e capì a cosa si stava riferendo: la strada terminava in un canale. Non c’era modo di arrivare a piedi.
Godfrey vide una piccola barca dorata che veniva trascinata ai loro piedi con due uomini dell’Impero all’interno. Li vide balzare fuori, legare la barca con una corda a un palo e lasciarla lì mentre si dirigevano verso la città senza mai voltarsi indietro. Godfrey scorse l’armatura di uno di loro e capì che erano ufficiali, quindi non avevano motivo di preoccuparsi della loro barca. Sapevano ovviamente che nessuno sarebbe stato così stupido da osare rubare loro la barca.
Godfrey e Merek si scambiarono una chiara occhiata nello stesso istante. Grandi menti, pensò Godfrey, sebbene così diverse. O almeno grandi menti che avevano entrambi visto la loro parte di prigioni e vicoli secondari.
Merek si fece avanti, prese il pugnale e tagliò la corda. Uno alla volta entrarono tutti nella piccola imbarcazione che oscillò notevolmente mentre salivano. Godfrey allungò una gamba e con il piede diede una spinta allontanandoli tutti dal pontile. Scivolarono lungo il corso d’acqua e Merek afferrò il lungo remo e mantenne la giusta direzione.
“Questa è una follia,” disse Ario guardandosi alle spalle per vedere se scorgeva gli ufficiali. “Potrebbero tornare indietro.”
Godfrey guardò dritto davanti a sé e annuì.
“Allora sarà meglio remare più forte.”
CAPITOLO NOVE
Volusia si trovava nel mezzo del grande deserto, il suolo verde screpolato e riarso, duro come la roccia sotto i suoi piedi. Guardava dritto davanti a sé, pronta ad affrontare l’esercito di Dansk. Stava lì fiera con una decina dei suoi più fidati consiglieri dietro di lei, di fronte a una ventina di uomini, tipici abitanti dell’Impero, alti e con le spalle ampie, con la pelle gialla, gli occhi rossi luccicanti e due piccole corna. L’unica evidente differenza di questa gente di Dansk era che nel tempo avevano iniziato a far crescere le loro corna di lato e non dritte verso l’alto.
Volusia guardò oltre le loro spalle e vide all’orizzonte la città desertica di Dansk, alta e supremamente imponente: si levava verso il cielo per decine di metri con mura verdi dello stesso colore del deserto, fatte di roccia o mattone. La città era di forma perfettamente circolare, con parapetti in cima alle mura tra i quali i soldati erano posizionati ogni tre metri, rivolti verso ogni direzione, di guardia, scrutando ogni angolo del deserto. Sembrava impenetrabile.
Dansk si trovava subito a sud di Maltolis, a metà strada tra la città del principe pazzo e la capitale meridionale ed era considerate una roccaforte, un crocevia di primaria importanza. Volusia ne aveva sentito parlare molte volte da sua madre, ma non l’aveva mai visitata di persona. Le aveva sempre detto che nessuno poteva conquistare l’Impero se non conquistava Dansk.
Volusia guardò verso il loro capo che stava di fronte a lei con il suo emissario, inorgoglito e sorridendole con arroganza. Sembrava diverso dagli altri ed era chiaramente il loro capo. Aveva un’aria di fiducia, con più cicatrici in volto e con due lunghe trecce che gli scendevano dalla testa fino alla vita.
Erano fermi in quel modo, in silenzio, entrambi in attesa che l’altro parlasse, con nessun rumore se non l’ululato del vento nel deserto.
Alla fine l’uomo, evidentemente stanco di attendere, parlò: “Così vorresti entrare nella nostra città?” le chiese. “Tu e i tuoi uomini?”
Volusia lo guardava fiera e sicura, inespressiva.
“Non desidero entrare,” disse. “Desidero conquistarla. Sono qui per offrirvi condizioni di resa.”
Lui la guardò impassibile per diversi secondi, come se stesse cercando di capire le sue parole, poi sgranò gli occhi per la sorpresa. Si piegò indietro e rise fragorosamente. Volusia arrossì.
“Noi?!” chiese. “Arrenderci?!”
Rise di gusto, come se avesse sentito la barzelletta più divertente al mondo. Volusia lo guardava con calma e notò che tutti i soldati che stavano con lui non ridevano, non sorridevano neppure. La guardavano con serietà.
“Non sei che una ragazza,” le disse alla fine, apparentemente divertito. “Non sai nulla della storia di Dansk, del nostro deserto, del nostro popolo. Se sapessi qualcosa, sapresti che non ci siamo mai arresi. Non una sola volta. Mai in diecimila anni. Mai a nessuno. Neanche agli eserciti di Atlow il Grande. Dansk non è mai stata conquistata una sola volta.”
Il suo sorriso si mutò in una smorfia.
“E ora arrivi tu,” disse, “una stupida ragazzina che compare dal nulla con una decina di soldati e ci chiede di arrenderci? Perché non dovrei ucciderti subito o portarti nelle nostre prigioni? Penso che dovresti essere tu a negoziare per te stessa dei termini di resa. Se ti mando via questo deserto ti ucciderà. E se ti faccio entrare potrei essere proprio io ad ucciderti.”
Volusia lo guardava sempre con estrema calma, senza scomporsi.
“Non ti offrirò le mie condizioni due volte,” gli disse con tranquillità. “Arrendetevi adesso e risparmierò tutte le vostre vite.”
Lui la guardò completamente spiazzato, come a rendersi conto finalmente che era seria.
“Sei pazza, ragazzina. Hai sofferto troppo il sole del deserto.”
Lei continuò a guardarlo con occhi che si facevano più scuri.
“Non sono una ragazzina,” gli rispose. “Sono la grande Volusia della grandiosa città di Volusia. Sono la dea Volusia. E tu, insieme a tutti gli essere della terra, sei un mio suddito.”
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