L’ira Dei Vilipesi. Guido Pagliarino
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Название: L’ira Dei Vilipesi

Автор: Guido Pagliarino

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Книги о войне

Серия:

isbn: 9788873047018

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СКАЧАТЬ stesso con via Medina e via Monteoliveto. Evidente era lo scopo d’impedire ad automezzi l’ingresso nel corso o il suo attraversamento. Poiché il cannone caccia-carri era rivolto verso via Medina, Vittorio aveva supposto, correttamente, che scopo del blocco fosse ostacolare mezzi e uomini in uscita dalla Questura. Aveva anche immaginato che, per impedire il passaggio d’automezzi in entrambe le direzioni, dovesse esserci un altro posto più in là oltre la stessa Questura, all’incirca nel punto dove s’era svolto il combattimento dei patrioti coi granatieri tedeschi.

      Dunque, d’attraversare corso Umberto I e raggiungere i colleghi rimasti in sede neppure a parlare. Si trattava adesso di ripararsi tutti in casa della ragazza. Poiché il brigadiere era in uniforme, il D’Aiazzo aveva pensato bene, prima che il terzetto si ponesse in vista su via Monteoliveto col rischio d’esser notato dai tedeschi, di dare al dipendente la giacca del proprio completo grigio in lanital26 , perché l’infilasse sopra la giubba, nascondendola alla meno peggio e coprendo la borsa della radio che, appesa al collo, pendeva davanti all’addome del sottufficiale. Così s’era fatto. Marino aveva pure celato sul petto, sopra la giubba e sotto la giacca prima di chiuderne i bottoni, il copricapo militare.

      L’abitazione della ragazza sorgeva a sinistra di via del Chiostro sullo stesso lato della via Monteoliveto in cui l'altra sfociava. I tre s’erano mossi uno alla volta a una trentina di metri l’uno dall’altro, davanti la giovane, dietro il brigadiere e, ultimo, il vice commissario. Come questi aveva raccomandato, avevano camminato lentamente e, se pur erano stati notati dai nazisti del posto di blocco, il che non era sicuro, di certo non erano nati sospetti, visto che nessun tedesco aveva lasciato l’incrocio per raggiungerli e verificarne i documenti.

      L’edificio era una palazzina con due soli appartamenti sovrastanti, di cui il più arioso era al primo piano, con soffitti a tre metri dal pavimento, mentre l’altro, dove viveva la giovane coi propri genitori, era un ammezzato alto due metri e cinquanta; esso sovrastava un magazzino a piano terra che s’apriva su via Monteoliveto sia con una porticina, alla sinistra del portoncino del palazzotto entrando, sia, ancor più a manca, con un’apertura carraia, in quel momento chiusa da una saracinesca. La casetta era di proprietà d’un venditore ambulante di frutta e verdura che abitava al primo piano e si serviva del magazzino per la sua attività, mentre affittava il mezzanino alla famiglia della giovane.

      La ragazza aveva aperto il portoncino ed era entrata nel piccolo atrio del palazzotto, che odorava di chiuso, lasciando la porta accostata e attendendo i compagni. Un po’ d’aria fresca era entrata per la fessura. Uno alla volta i due uomini s’erano riparati. Vittorio s’era tirato dietro l’uscio e subito dopo, con la giovane in testa, il gruppetto aveva montato la mezza rampa di scale che conduceva all’ammezzato.

      Come risultava dalla targhetta a lato della porta dell’appartamento, la famiglia si chiamava Scognamiglio.

      â€œTu sei Scognamiglio e poi…?” aveva chiesto Vittorio alla giovane.

      â€œMariapia.”

      â€œPiacere, Mariapia”, aveva sorriso lui, smessa l’espressione preoccupata che aveva avuto in faccia da quand'era uscito di Questura: “Io sono il vice commissario Vittorio D’Aiazzo.”

      â€œâ€¦e io il brigadiere Bordin Marino”, aveva fatto eco il suo aiutante, al contrario del superiore rimanendo serissimo, quasi sussiegoso, evidentemente fiero del proprio grado.

      Sebbene i lineamenti di Mariapia non fossero più corrucciati, il viso non le si era rasserenato: la sua espressione da tenebrosa s’era mutata in mesta.

      Aveva aperto la porta di casa con la propria chiave, che teneva in un portamonete in tessuto di canapa entro l’unica, fonda tasca della gonna grigio topo tessuta in filato cafioc27 , sorretta da una cinghia opaca nera di cuoital28 , nella quale era infilata una camicetta color azzurrite anch’essa in cafioc; la giovane indossava ai piedi calzerotti grigi in lanital entro due scarponcelli neri di coriacel29 con le suole in gomma parimenti nere ricavate, direttamente dall’artigiano fabbricante, da vecchi copertoni di auto.

      Come i due poliziotti avevano osservato, l’appartamento era composto di tre vani e un corridoio; questo, largo un paio di metri, attraversava l’alloggio per tutta la sua lunghezza terminando su di una finestrella senza imposte; le tre stanze erano tutte alla sinistra di chi entrava, in quel momento avevano le porte chiuse ma, come s’intuiva dalla posizione, s’affacciavano su via Monteoliveto. A destra accedendo, c’era una balconata che fiancheggiava il corridoio e sovrastava una piana di orti larga come la palazzina e profonda il triplo, con sparsi meli e susini, fitte piantine di ortaggi e tre brevi filari paralleli di viti: anche quella pezza di terra apparteneva all’ambulante. A un estremo della balconata, a sinistra di chi fosse uscito all'aperto per l’unica porta-finestra, centrale al corridoio, c’era un gabbiotto in legno che, come gli ospiti avevano intuito, ospitava il wc domestico.

      S’era udito qualcuno muovere nella stanza prossima all’ingresso, che si sarebbe rivelata una cucina tinello.

      â€œChi c’è?” aveva chiesto Vittorio alla giovane.

      Senza rispondergli, Mariapia ne aveva schiuso per appena un terzo la porta e s’era infilata nel vano, richiudendosela dietro. S’era udito un parlottare incomprensibile, poi la porta s’era riaperta, questa volta interamente, e la ragazza era uscita seguita dai genitori.

      Il papà, Antonio Scognamiglio, s’era fatto incontro agli ospiti con la fronte increspata d'inquietudine, gli occhi rivolti agli stivali e ai calzoni del Bordin dall'evidente banda laterale fucsia. Il manifesto disagio del padron di casa s’era accentuato quando, un momento dopo, il brigadiere s’era tolta la giacca del D’Aiazzo per restituirla al proprietario, mettendo così in bella mostra i gradi cuciti sulle maniche della propria giubba. Nondimeno il padre di Mariapia era in sostanza uomo probo. La sua diffidenza non era stata causata dall’aver avuto qualcosa da nascondere alla giustizia, ma dal fatto ch’era radicato in lui fin da bambino, come di norma nella plebe napoletana, un senso di grande prudenza, per non dire di sfiducia, verso le autorità grandi e piccole, trasmesso da generazione a generazione nel ricordo atavico delle prepotenze dei birri e degli altri pubblici funzionari dei re Borboni. L’uomo era assai piccolo, un cinque centimetri meno del non alto Vittorio, aveva mani callose, era magro come Mariapia e aveva come lei una folta capigliatura, un tempo corvina come quella della figlia ma ormai candida, nonostante non avesse che quarantotto anni; a invecchiargli l’aspetto concorreva il volto rugoso come, dopo anni di mare, diviene quello dei naviganti e dei pescatori per la continua esposizione al sole e alla salsedine; e infatti egli aveva esercitato, su natanti d’altura, l’apprezzata professione di capo pesca, com'era ancora scritto sulla sua carta d’identità. Quattordici mesi prima però, come aveva confidato quasi sùbito agli ospiti per giustificare il suo essere in casa, aveva perso il lavoro, dopo più di tre decenni sullo stesso peschereccio prima quale apprendista, poi come pescatore rifinito e, infine, quale capo pesca. Aveva rivelato d’averlo perduto drammaticamente, nel luglio del 1942, per l’affondamento dell’imbarcazione, colpita a morte da una bomba d’un cacciabombardiere marino inglese De Havilland Sea Mosquito il cui profilo stilizzato, visto dal basso, era notissimo ai naviganti italiani perché affisso nei porti: Antonio era stato l’unico sopravvissuto alla mattanza perché, bravo nuotatore, s’era buttato in acqua non appena aveva avvistato la sagoma nemica abbassarsi sul peschereccio. Era stato recuperato da un cacciatorpediniere della Regia Marina italiana, in rotta verso il porto di Napoli, ch’era passato per buona ventura nell’area nautica dell’affondamento appena una decina d’ore dopo, essendo ancora giorno, e altra fortuna, essendo di СКАЧАТЬ