Название: Ndura. Figlio Della Giungla
Автор: Javier Salazar Calle
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Жанр: Приключения: прочее
isbn: 9788835431589
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In quel folle vagare trovai uno spettacolo dantesco. Ciò che sembrava essere stata una famiglia di primati, delle dimensioni di uno scimpanzé o simili, giaceva in una radura senza mani, piedi o teste, in mezzo a grandi pozze di sangue secco e circondati da miriadi di mosche e ogni sorta di insetti e animali spazzini. La puzza che emanavano era insopportabile e non riuscii a evitare il vomito, che mi salì all'istante su per la gola. Raccolsi il mio coraggio e guardai di nuovo. Ce n'erano due che dovevano essere adulti e uno più piccolo. Sembrava che non ci fossero piccoli, ciò che non sapevo era se non c’erano perché non li avevano catturati, perché non ne avevano, o se perché li avevano portati via per venderli sul mercato nero. Sapevo che c'erano alcune parti di animali che si vendevano molto bene come afrodisiaci nei paesi asiatici: corni di rinoceronte, ossa di tigre e simili. Forse era qualcosa del genere. Decisi di allontanarmi da quel luogo maledetto il prima possibile. Quella scoperta non solo mi dimostrò ancora una volta la crudeltà umana, ma mi mostrò anche che stavo camminando in zone frequentate da bracconieri, sicuramente non molto amichevoli con gli estranei.
Era troppo scioccato da tutto ciò che stava succedendo. Alla fine, a un certo punto, mi venne un forte crampo al polpaccio della gamba destra che mi costrinse a fermarmi per allungare il polpaccio, mentre serravo forte la bocca per il dolore e mi dimenavo per terra. Dovetti restare seduto a lungo prima di potermi muovere di nuovo e mi tormentò senza sosta per tutto il resto della giornata. Diverse volte pensai che il crampo stesse tornando e mi dovetti fermare per allungare la gamba. Al crepuscolo ero completamente esausto e non ero avanzato troppo a causa del ritmo lento che avevo dovuto tenere. Soprattutto, avevo le gambe esauste per il tanto camminare, il ginocchio e il polpaccio erano doloranti e i piedi intorpiditi. Guardando la cosa da un punto di vista positivo, se ne fossi uscito, avrei eliminato l’incipiente pancetta da birra che mi stava uscendo. Ere già qualcosa. Non dovevo perdere il senso dell'umorismo, quello avrebbe potuto salvarmi. Era l'unica cosa che mi rimaneva, quello e il mio desiderio di vivere. Elena, cosa non darei adesso per un tuo abbraccio, per il tuo sorriso! O per uno di quei deliziosi piatti che preparavi!
Mi sedetti sopra un tronco caduto e mangiai tutte le mele cotogne che mi erano rimaste e un lungo sorso d'acqua. Mi restava solo un quinto della bottiglia circa e niente cibo. Quella terza notte l'avrei passata di nuovo su un albero, dopo l'esperienza delle formiche non pensavo che mi sarei addormentato, poiché le formiche erano le stesse, sul terreno come sugli alberi, ma mi andava ancora meno di venire catturato, mentre dormivo, dalle canaglie degli spari. Come la prima notte, cercai un albero adatto e quando lo trovai, cercai di salire sul ramo prescelto con l'aiuto di un rampicante. Non appena gli misi la mano sopra dovetti ritirarla perché sentii una puntura acuta. Il rampicante era spinoso. Mi massaggiai il palmo della mano e cercai un altro albero dove arrampicarmi. Quando lo trovai mi arrampicai con molta attenzione e mi preparai a passare un'altra notte in quell'inferno. Mi tolsi le scarpe e le calze e pregai per che fossero asciutte al mattino, anche se ne dubitavo, dato che l'aria era quasi permanentemente umida. Avevo i piedi rugosi e di un verde brunastro chiaro. Li asciugai come meglio potei, ma la sensazione di disagio persistette comunque. Provai a scaldarmi, ma non c'era modo di riuscirci né con la coperta né sfregandomi il corpo. Le punture delle zanzare e delle formiche mi tormentavano incessantemente, ma non c'era nulla che potessi fare. L'unica cosa che alleviava quel tormento era mettere il fango bagnato sul mio corpo per evitare le punture, in quei momenti il costante prurito si era trasformato in una sensazione confortante che non sapevo descrivere. Provavo un dolore costante e non localizzato alle gambe come alla schiena. Il braccio destro era addormentato per la stanchezza dovuta al simulare colpi di macete con il bastone per tutto il giorno.
Ero così esausto che mi addormentai subito. Il mio ultimo pensiero fu la speranza che, al mio risveglio, ci sarebbe stata ad aspettarmi una colazione con una grande ciotola di latte e miele e un paio di toast con abbondante burro e marmellata di fragole o more.
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